L’autoinganno è una funzione essenziale della mente umana, spesso indispensabile per affrontare le difficoltà della vita. In momenti di trauma o sconforto, la nostra psiche tende a creare narrazioni o esperienze che ci permettono di mantenere un equilibrio emotivo e mentale. Sogni consolatori, visioni del divino, la percezione di presenze care scomparse: tutte queste esperienze, sebbene non oggettivamente verificabili, sono vere per chi le vive, poiché rispondono a bisogni profondi.
La mente, in queste situazioni, può ristrutturare i ricordi o generare sensazioni funzionali al superamento di un evento traumatico. Ad esempio, molte persone raccontano di aver “sentito” la morte di un caro a distanza o di aver percepito un evento disastroso prima che accadesse. In realtà, tali fenomeni possono essere spiegati come ricordi retroattivi, creati dalla mente per trovare un senso all’accaduto.
Questo autoinganno è generalmente positivo: aiuta a preservare la stabilità emotiva e a trovare significati che sostengono l’individuo nei momenti più difficili. Tuttavia, in alcuni casi, può diventare patologico, portando a deliri o a un isolamento dalla realtà condivisa.
Le finzioni collettive e il loro ruolo nella storia umana
Non solo l’individuo, ma anche le società intere hanno costruito nel corso della storia narrazioni collettive che potremmo definire “autoinganni di massa”. Religioni, miti e ideologie sono strumenti che hanno permesso di unire miliardi di persone sotto valori comuni, creando sistemi di morale ed etica utili per la convivenza.
Ad esempio, la credenza in divinità che controllano, puniscono o premiano i comportamenti umani ha avuto un ruolo cruciale nel mantenere ordine e coesione sociale. Sebbene tali credenze siano basate su “finzioni”, la loro funzione è stata storicamente determinante. Tuttavia, il paradosso è evidente: le stesse narrazioni che unificano possono dividere. Le religioni, proponendo fantasie diverse, hanno spesso portato allo scontro tra popoli in nome di “verità” incompatibili.
Un esempio storico significativo è la caccia alle streghe nel periodo medievale e rinascimentale. Tra il XV e il XVII secolo, migliaia di persone, in gran parte donne, furono accusate di praticare stregoneria e sottoposte a torture e processi sommari. Questi eventi, come documentato, furono alimentati da una combinazione di credenze popolari, interpretazioni religiose e dinamiche sociali, che portarono a una vera e propria psicosi collettiva. L’autoinganno di massa su presunti poteri occulti contribuì a perpetuare una spirale di violenza ingiustificata.
L’uso manipolatorio delle credenze recenti sugli alieni
Un altro esempio, più recente e emblematico, è il crescente interesse collettivo per la presenza di UFO (oggetti volanti non identificati), spesso associati, in modo più o meno implicito, a presunte astronavi aliene. Mentre il termine UFO si riferisce semplicemente a un fenomeno aereo non identificato, negli ultimi decenni si è cercato, anche in modo sottile e manipolatorio, di alimentare nella mente collettiva l’equivalenza UFO = alieni.
Questo processo ha trovato particolare risonanza durante il lockdown dovuto alla pandemia di COVID-19. In quel periodo di grande stress psicologico e isolamento sociale, quando le persone erano più vulnerabili e alla ricerca di spiegazioni alternative o di distrazioni dalla situazione drammatica, i media hanno rilanciato notizie riguardanti avvistamenti UFO e ipotetiche presenze aliene, anche attraverso documentari sulle piattaforme di streaming. Sebbene non ci fosse nulla di concreto o verificabile, l’insistenza su questi temi ha contribuito a catalizzare l’attenzione pubblica verso argomenti estranei alle difficoltà del momento.
L’obiettivo di questa narrativa non era necessariamente quello di confermare la presenza di alieni, ma piuttosto di fornire una distrazione di massa. Questo meccanismo sfrutta un bisogno umano fondamentale: trovare spiegazioni o concentrarsi su un immaginario collettivo che alleggerisca la pressione della realtà. Tuttavia, questo approccio ha anche il potenziale di influenzare il pensiero critico, facendo passare sotto traccia l’elemento razionale del termine UFO, che rimane puramente tecnico, a favore di un immaginario costruito.
La tendenza a illudere se stessi e a non guardare in faccia la realtà è un atteggiamento difensivo che riguarda ognuno di noi: nel tentativo di allontanare situazioni sgradevoli o dolorose, alteriamo – spesso inconsciamente – la loro interpretazione per evitare l’ansia e sentirci più sicuri. Ma l’abitudine all’autoinganno ci conduce spesso a scelte sbagliate e dannose per noi e per gli altri, ed è proprio sul riconoscimento e il debellamento delle sue insidie che si concentra l’analisi di Goleman: dalla rimozione di esperienze traumatiche all’impiego di menzogne per edulcorare circostanze negative, dalla speranza che i problemi collettivi non ci coinvolgano alla tendenza a isolare chi evidenzia i punti deboli di una comunità, l’autore esamina numerosi casi di illusione individuale e collettiva e indica come raggiungere quel giusto equilibrio fra tranquillità e consapevolezza che ci permetta di affrontare i problemi senza rinunciare al nostro benessere interiore.
L’energia della mente come manifestazione creativa
Un aspetto interessante è che queste finzioni, siano esse individuali o collettive, potrebbero essere viste come manifestazioni dell’energia creativa che ci pervade. Anche se sogni, visioni o allucinazioni non rappresentano una realtà oggettiva, sono comunque il frutto di una mente che cerca di trasformare il caos in senso. In questo senso, la coscienza non solo subisce la realtà, ma la ricrea, offrendo strumenti per affrontare l’incertezza.
Una sintesi tra scienza e spiritualità
Il confine tra razionalità e spiritualità è labile. Da un lato, comprendere i meccanismi psicologici e neurologici dietro le nostre esperienze ci permette di riconoscere l’autoinganno come parte integrante della mente umana. Dall’altro, accettare che tali narrazioni abbiano un valore simbolico e funzionale ci aiuta a non svalutare la loro importanza.
Che si tratti di religioni, miti o semplici visioni personali, ciò che conta non è tanto la loro oggettività, quanto la loro utilità nel darci forza, significato e resilienza.
Il futuro dell’autoinganno
Nella società contemporanea, gli inganni collettivi non sono più solo religiosi. Ideologie politiche, marchi, influencer e social media creano continuamente “verità” che uniscono o dividono le persone. La sfida del nostro tempo non è negare l’autoinganno, ma renderlo consapevole: riconoscere che molte delle nostre credenze sono narrazioni utili, ma non assolute. Per approfondire puoi leggere: Il futuro dell’inganno: nuove narrazioni e coscienza nell’era digitale
Se comprendiamo che viviamo in un equilibrio tra realtà oggettiva e narrazione soggettiva, possiamo usare questa consapevolezza per scegliere le “finzioni” che ci rendono più resilienti e capaci di vivere in armonia con gli altri.
Le teorie cospirazioniste non sono solo un elenco di credenze bizzarre, ma ci rivelano molto sul “nostro Io più segreto”. Poche cose sono più seducenti di un’opinione pronta e rassicurante, poco importa se assurda. Come ingegnose stampelle, le credenze complottistiche hanno la funzione di sorreggere il traballante incedere lungo un cammino in cui si incontrano pandemie, guerre, cambiamenti climatici. “Complottisti vulnerabili” intreccia i temi di bias di ragionamento, autoinganno, processi emotivi di base attingendo ai dati della psicologia cognitiva, clinica e sociale e dell’infant research. L’obiettivo è quello di illustrare la “ricetta perfetta” che alimenta la mentalità cospirazionista. Insicurezza esistenziale e ansia generalizzata sono il primo ingrediente. Curvatura narcisistica dello sviluppo della personalità e condizioni di isolamento e frustrazione sociale sono i due successivi, mentre il quarto è il bisogno di riconoscimento sociale. Quest’ultimo dà conto di un elemento indispensabile perché si possa parlare di cospirazionismo: il gruppo. È all’interno di comunità, reali o virtuali che siano, che le dinamiche cospirazionistiche prendono le sembianze a cui assistiamo in questi tempi. Inediti casi di sedute terapeutiche offrono l’occasione per definire ulteriormente la complessità del fenomeno cospirazionista e distinguerlo nettamente, nonostante alcune chiare analogie, da forme di delirio individuale e collettivo.