L’autoinganno, come funzione della mente, non è destinato a scomparire: è parte integrante della nostra natura psicologica e sociale. Tuttavia, il contesto contemporaneo, dominato dalla tecnologia, dai media e dalle dinamiche globali, ha trasformato il modo in cui gli “inganni” individuali e collettivi si formano, si diffondono e si utilizzano. Esaminiamo alcune delle principali dinamiche future legate a questo fenomeno.
1. L’autoinganno nei media e nei social network
Nel mondo digitale, le piattaforme social hanno amplificato il fenomeno dell’autoinganno collettivo. Fake news, bolle di filtraggio e bias di conferma sono diventati strumenti attraverso cui le persone creano e rafforzano narrazioni soggettive che spesso si distaccano dalla realtà.
Ad esempio:
Bolle di filtraggio: Algoritmi progettati per mostrarci contenuti simili alle nostre preferenze rinforzano credenze preesistenti e limitano l’esposizione a opinioni diverse. Questo porta a una visione distorta della realtà e a narrazioni personali che sembrano “assolute”.
Fake news: Informazioni false si diffondono rapidamente, alimentando l’autoinganno di massa. Un esempio recente è stato l’impatto delle teorie del complotto durante la pandemia da COVID-19, che hanno portato alcune persone a negare l’esistenza del virus o a rifiutare cure mediche.
In questo contesto, l’autoinganno non è più solo una funzione individuale o una narrazione collettiva “spontanea”, ma può diventare uno strumento manipolativo utilizzato da attori politici, economici o sociali.
2. L’autoinganno e le ideologie contemporanee
Le ideologie politiche e culturali stanno assumendo sempre più il ruolo di nuove “religioni secolari”. Proprio come in passato le credenze religiose univano o dividevano i popoli, oggi ideologie come il nazionalismo, l’ambientalismo, il capitalismo o i movimenti sociali globali creano nuovi sistemi di credenze.
Questi sistemi possono essere usati per promuovere cambiamenti positivi o per manipolare masse. L’autoinganno collettivo, in questo caso, diventa un’arma a doppio taglio:
Positivo: Narrazioni come quelle che promuovono la sostenibilità ambientale o l’uguaglianza sociale possono mobilitare le persone verso obiettivi comuni e benefici.
Negativo: Ideologie estremiste o polarizzanti possono portare a divisioni, conflitti e rigetto del dialogo razionale.
3. La crescente influenza della tecnologia sull’autoinganno
La tecnologia sta accelerando il processo di creazione di finzioni. Con l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e il metaverso, stiamo entrando in un’epoca in cui sarà sempre più difficile distinguere tra realtà e narrazione costruita. Questo ha implicazioni profonde:
Realtà virtuale: Il metaverso può diventare uno spazio in cui le persone scelgono di vivere narrazioni alternative, allontanandosi dalla realtà fisica. Ciò potrebbe essere utile per la creatività o la terapia, ma potrebbe anche isolare le persone dal mondo reale.
Deepfake e AI: La capacità di creare contenuti estremamente realistici ma falsi renderà sempre più difficile distinguere il vero dal falso, alimentando autoinganni collettivi.
Homo Deus
Nella seconda metà del XX secolo l’umanità è riuscita in un’impresa che per migliaia di anni è parsa impossibile: tenere sotto controllo carestie, pestilenze e guerre. Oggi è più probabile che l’uomo medio muoia per un’abbuffata da McDonald’s piuttosto che per la siccità, il virus Ebola o un attacco di al-Qaida. Nel XXI secolo, in un mondo ormai libero dalle epidemie, economicamente prospero e in pace, coltiviamo con strumenti sempre più potenti l’ambizione antica di elevarci al rango di divinità, di trasformare “Homo sapiens” in “Homo Deus”. E allora cosa accadrà quando robotica, intelligenza artificiale e ingegneria genetica saranno messe al servizio della ricerca dell’immortalità e della felicità eterna? Harari racconta sogni e incubi che daranno forma al XXI secolo in una sintesi audace e lucidissima di storia, filosofia, scienza e tecnologia, e ci mette in guardia: il genere umano rischia di rendere sé stesso superfluo. Saremo in grado di proteggere questo fragile pianeta e l’umanità stessa dai nostri nuovi “poteri divini”?
4. Una consapevolezza collettiva come antidoto?
Se l’autoinganno è inevitabile, il futuro potrebbe vedere un’evoluzione nella nostra capacità di riconoscerlo e gestirlo. La consapevolezza potrebbe diventare l’antidoto principale contro le sue manifestazioni più dannose. Alcuni strumenti per questo scopo includono:
Educazione al pensiero critico: Insegnare alle persone a riconoscere i bias cognitivi e a valutare le informazioni in modo obiettivo potrebbe ridurre l’impatto dell’autoinganno manipolativo.
Tecnologie trasparenti: Promuovere lo sviluppo di strumenti digitali che privilegino la trasparenza e combattano la diffusione di disinformazione.
Accettazione dell’incertezza: Coltivare la capacità di convivere con l’incertezza, senza cercare risposte definitive in narrazioni semplicistiche o assolute.
5. Autoinganno come risorsa positiva
Non tutto l’autoinganno è negativo. Nel futuro, potrebbe essere utilizzato in modi consapevoli e costruttivi:
Terapia e resilienza: Tecniche che sfruttano narrazioni positive per aiutare le persone a superare traumi o difficoltà personali.
Creatività: L’autoinganno può essere alla base della creazione artistica, dell’innovazione e del problem-solving, aiutandoci a immaginare realtà diverse e migliori.
Conclusione: una nuova era per l’autoinganno
L’autoinganno continuerà a essere una parte centrale dell’esperienza umana, ma il suo ruolo dipenderà da come decideremo di gestirlo. La sfida del futuro non è eliminare l’autoinganno, ma renderlo uno strumento consapevole, capace di favorire resilienza, creatività e coesione sociale, limitando al contempo i rischi di manipolazione e isolamento dalla realtà.
Con un approccio equilibrato tra scienza, tecnologia e consapevolezza, potremmo trasformare l’autoinganno da potenziale minaccia a risorsa positiva per l’umanità.
Per completezza dell’argomento è consigliato anche l’articolo: L’autoinganno: un meccanismo umano fondamentale?
Pensieri lenti e veloci
Siamo stati abituati a ritenere che all’uomo, in quanto essere dotato di razionalità, sia sufficiente tenere a freno l’istinto e l’emotività per essere in grado di valutare in modo obiettivo le situazioni che deve affrontare e di scegliere, tra varie alternative, quella per sé più vantaggiosa. Gli studi sul processo decisionale condotti ormai da molti anni dal premio Nobel Daniel Kahneman hanno mostrato quanto illusoria sia questa convinzione e come, in realtà, siamo sempre esposti a condizionamenti – magari da parte del nostro stesso modo di pensare – che possono insidiare la capacità di giudicare e di agire lucidamente. Illustrando gli ultimi risultati della sua ricerca, Kahneman ci guida in un’esplorazione della mente umana e ci spiega come essa sia caratterizzata da due processi di pensiero ben distinti: uno veloce e intuitivo (sistema 1), e uno più lento ma anche più logico e riflessivo (sistema 2). Se il primo presiede all’attività cognitiva automatica e involontaria, il secondo entra in azione quando dobbiamo svolgere compiti che richiedono concentrazione e autocontrollo. Efficiente e produttiva, questa organizzazione del pensiero ci consente di sviluppare raffinate competenze e abilità e di eseguire con relativa facilità operazioni complesse. Ma può anche essere fonte di errori sistematici (bias), quando l’intuizione si lascia suggestionare dagli stereotipi e la riflessione è troppo pigra per correggerla.