Il Jujitsu (o meglio Jujutsu, 柔術), tradotto spesso come “arte della cedevolezza” o “arte della flessibilità”, è una delle discipline marziali più antiche e radicate nella storia del Giappone. La sua nascita si colloca in un periodo in cui il combattimento corpo a corpo era essenziale per la sopravvivenza, e il suo sviluppo è strettamente legato alla casta dei samurai e alla loro evoluzione bellica.
Le origini: dalle tecniche di battaglia al Jujitsu
Le prime tracce del Jujitsu risalgono al periodo Nara (710-794), ma fu durante l’epoca Heian (794-1185) che si cominciarono a sviluppare tecniche specifiche di lotta corpo a corpo, spesso associate al sumo primitivo. Queste tecniche erano concepite per essere utilizzate quando i samurai, disarmati o impossibilitati a usare le armi, dovevano difendersi o sopraffare un avversario in combattimento ravvicinato.
Durante il periodo Kamakura (1185-1333), caratterizzato da continue guerre tra clan, il combattimento con spada e lancia era predominante, ma l’esigenza di un’arte marziale complementare si fece più pressante. Fu in questo contesto che si affermarono sistemi di lotta che privilegiavano prese, proiezioni e immobilizzazioni, spesso derivati da un mix di esperienze pratiche e tecniche tramandate nei clan guerrieri.
Il libro di Ju-Jitsu Giapponese, basato sullo studio dell’autore con istruttori del dipartimento di polizia di Tokyo, presenta le tecniche tradizionali del Ju-jitsu, in particolare quelle del Kaisho Goshin Budo Taiho-ryu praticate dagli agenti. Esso insegna a usare le mani, proiettare un avversario, attaccare punti vitali con pugni e calci, e utilizzare armi come il bastone. Benché concepito come un manuale di addestramento, questo appassionante testo è anche una straordinaria guida alla segreta arte dell’autodifesa praticata anticamente dai samurai.
Il periodo Edo: la fioritura del Jujitsu
Con la fine delle guerre civili e l’inizio del periodo Edo (1603-1868), la pace imposta dallo shogunato Tokugawa trasformò il Jujitsu da una necessità bellica a una pratica strutturata e disciplinata. In questa epoca, molte scuole (o ryu) furono fondate, ciascuna con il proprio approccio distintivo. Tra le più famose vi sono il Takenouchi-ryu, considerata la scuola più antica, e il Tenshin Shoden Katori Shinto-ryu, che integrava le tecniche di Jujitsu con altre arti marziali.
Le tecniche di Jujitsu di questo periodo si basavano su princìpi quali l’uso dell’energia dell’avversario, la leva articolare e il controllo dell’equilibrio. L’obiettivo non era solo sopraffare il nemico, ma farlo con efficienza e precisione, utilizzando il minimo sforzo necessario. Questa filosofia di “flessibilità” è alla base del termine “ju” (cedevolezza), che caratterizza quest’arte.
La trasformazione nel periodo Meiji
Con il Rinnovamento Meiji (1868-1912), il Jujitsu subì un declino a causa della modernizzazione del Giappone e della soppressione della classe samurai. Tuttavia, alcuni maestri lungimiranti, come Jigoro Kano, salvarono quest’arte dalla scomparsa trasformandola e adattandola ai tempi moderni. Kano fondò il Judo, una disciplina derivata dal Jujitsu che privilegiava le proiezioni e le tecniche di controllo, rimuovendo però gli aspetti più pericolosi, come le tecniche di strangolamento letale e le leve articolari estreme.
Nel frattempo, il Jujitsu tradizionale continuò a essere praticato in alcune ryu e venne esportato in Occidente. Qui trovò un terreno fertile, influenzando arti marziali e vedendo la nascita di estensioni dell’arte madre, come il Jiu-Jitsu brasiliano sviluppato dalla famiglia Gracie nel XX secolo.
Il Jujitsu oggi: tradizione e modernità
Oggi il Jujitsu si presenta in due forme principali: il Jujitsu tradizionale, praticato per preservare la cultura e le tecniche delle scuole storiche, e il Jujitsu moderno, che integra elementi di autodifesa e competizione sportiva. Quest’ultimo include tecniche adattate ai contesti urbani e viene spesso insegnato come sistema di difesa personale accessibile a tutti.
La filosofia del Jujitsu rimane invariata: la cedevolezza non è sinonimo di debolezza, ma di intelligenza nell’uso delle risorse. Questa arte marziale ci insegna che la forza non è necessariamente l’elemento decisivo in un confronto, ma che l’adattabilità e la capacità di sfruttare l’energia dell’avversario sono strumenti più potenti.
Conclusione
Il Jujitsu giapponese, con le sue radici antiche e la sua evoluzione nel tempo, rappresenta una fusione unica di tradizione, filosofia e tecnica. È un ponte tra passato e presente, tra l’arte della guerra e la ricerca della disciplina interiore, che continua a ispirare praticanti in tutto il mondo oggi soprattutto nella dimensione sportiva.