Il titolo “Non esistono religioni buone” è volutamente provocatorio, dato che i principi di amore universale contenuti in ogni religione non sono il male, piuttosto sono i dogmi e i miti, figli dell’ego, dei quali gli esseri umani si nutrono che creano l’odio.

Sono migliaia di anni che gli esseri umani sistematicamente inciampano sull’ego. Inizialmente accogliamo le parole, le pratiche, il percorso e le consapevolezze sviluppate da un individuo – che, di volta in volta, viene definito a posteriori: santo, illuminato, emanazione di dio, dio in terra, ecc. – le trasformiamo in dogmi, miti, verità assolute e dettami da seguire e intorno a questa intelaiatura di conoscenze, più o meno faziose, costruiamo muri culturali ed emotivi che diventano casse di risonanze della paura e dell’odio verso chi è “diverso”.
Gli individui “illuminati” successivamente vengono trasformati in altarini e simboli da venerare ai quali viene attribuita, la parola ultima da seguire, così da creare un’unica via: gerarchia e controllo con la quale fare esercizio del potere sulle masse o sulle minoranze.

Poco importa se sei musulmano, buddhista, ebreo, cattolico, induista, ecc. se dentro di te non fai un percorso personale autocritico. Non sono le regole dettate da altri esseri umani, o da presunte divinità, che ti possono rendere migliore nella tua essenza. Non sono le regole che ti possono fare raggiungere il nirvana, il paradiso o far dimorare nell’equilibrio.

 

Nessuna religione ci può salvare se non diventiamo autocritici

I musulmani dopo la morte di Buddha fecero piazza pulita di ben 17 sette (su 18 che si erano formate) di seguaci del Buddha. La setta di buddhisti che si salvò (la Theravada) a distanza di migliaia di anni da quell’episodio, ha perseguitato e massacrato i musulmani in Sri Lanka. La minoranza buddhista del tantrismo tibetano viene perseguitata dalla grande corrente buddhista cinese Mahayana che ha dato origine alla setta Zen giapponese.
Gli ebrei venivano sterminati dai tedeschi nazisti che professavano il cristianesimo positivo. I superstiti ebrei di quello sterminio oggi cercano di sopprimere i musulmani della Palestina.
I cristiani fecero le crociate (spedizioni militari), dal XI secolo in poi, contro i musulmani e oggi gli estremisti islamici dicono di fare le crociate contro i cristiani.

Si potrebbero raccontare storie e vicende in modo molto più dettagliato e approfondito, mettendo comunque in luce sempre la stessa verità di fondo: ogni qual volta un gruppo inizia ad avere una superiorità militare, economica o di qualsiasi altra natura, usa il proprio potere per muovere le masse e sottomettere le minoranze, cercando di convertire tutti sotto il proprio credo e sterminando fisicamente o culturalmente chi si oppone.

Non possono esistere regole buone e pacifiste, dove si crea una rigidità. La storia e gli esseri umani si evolvono e con loro anche le regole utili alla convivenza civile e pacifica. L’unica bontà può essere trovata dai singoli individui che si liberano, cercando di portare pace ed equilibrio; donando agli altri strumenti utili per la liberazione personale dai dogmi, a prescindere se i dogmi sono nati con buoni propositi o motivi di controllo.

Il cammino che porta alla salvezza, ogni essere umano deve trovarlo da solo.

Coltiva te stesso, abbraccia il culto che senti più affine, se questo ti sembra utile per il tuo cammino, ma non aspettarti che qualche dio possa salvarti dalla sofferenza o salvare il mondo. Anche l’attaccamento a un dio è comunque un attaccamento e questo genererà sofferenza in te e negli altri.

Non pretendere che il tuo percorso spirituale sia più elevato di quello altrui e non credere di essere più buono/a di qualcun altro. Pensare di essere più buoni è un’emanazione dell’ego di grande entità che paradossalmente ti porterà allo scontro e non verso la pace.

Siamo forse un dio onnisciente che può prevedere cosa faremo o cosa faranno gli altri in futuro?

Chiunque va rispettato nella sua diversità e chiunque, in ogni fase della propria esistenza, è capace di atti di ogni sorta, non saranno le tue regole che potranno migliorare la vita altrui. Poni domande e te stesso e agli altri, non elargire risposte per ogni tematica.

© ValerioBellone

 

Il fascino oscuro della guerra

Scrive Chris Hedges nel suo libro Il fascino oscuro della guerra (lo puoi acquistare qui):

La guerra spaventa, terrorizza ma al contempo attrae, poiché possiede una sua cultura, un suo irresistibile fascino oscuro; attrae i sanguinari, i sadici, i violenti ma attrae anche moltissimi mediocri, perché offre loro l’opportunità di migliorare il rango sociale, di sentirsi importanti, di uscire dall’anonimato, di sperimentare sentimenti di potenza, di superiorità, con un fucile in mano, potendo perfino disporre della vita di qualcuno.

La guerra mette a nudo il potenziale di malvagità umana ma fa emergere anche manifestazioni di solidarietà profonda, di intensa collaborazione, di amicizia autentica e consente di sperimentare sentimenti forti e genuini.

Inoltre, in guerra si combatte e si fugge, e non c’è spazio per la depressione; in guerra il suicido è rarissimo: la disperazione aiuta a vivere, l’odio aiuta a vivere.

In tempo di guerra, numerosi privilegi scompaiono, i parassiti e i vigliacchi vengono smascherati, tutto sembra diventare più semplice, scorrevole, e pare che la giustizia e l’equità trionfino, che la vita sociale, seppur scombussolata, riacquisti un senso, un ordine, uno scopo. Per quello scopo si sopportano anche il sacrificio e il patimento.

In guerra, anche in quelle guerre combattute internamente contro fazioni politiche e religiose avversarie, si rivivono i forti vincoli propri dei gruppi ancestrali, l’ubbidienza a uno o pochi capi, e il pensiero autocritico è soppresso, mentre vengono euforicamente esaltate, sublimate, nobilitate le proprie azioni, ancorché sanguinarie e crudeli, atte a raggiungere le finalità prefissate, politiche o religiose che siano.

Le parole di Chris Hedges sono tutt’altro che un’apologia della guerra, sono piuttosto una presa di coscienza della mediocrità umana, laddove non c’è un percorso individuale analitico e autocritico.
 

Potere, miti, religione, odio e guerra tra i popoli

La violenza dei popoli si nutre di falsi miti legati alla propria grandezza e alla presunta altrui nefandezza. Si tratta di miti elaborati dal “Potere”, politico o religioso, che fomentano odio e avversione, seguendo logiche di mantenimento e accrescimento del dominio. Logiche che sono semplici da aderire.

Non vi è nulla di più congeniale agli apparati del potere di indirizzare l’insoddisfazione delle masse, la loro rabbia e le loro paure, verso un nemico esterno che funga da capro espiatorio, capace di catalizzare l’aggressività al di fuori della comunità. E funziona sempre! La storia lo dimostra senza possibilità di dibattito.

Paradossalmente persino la paura per il cambiamento climatico attualmente in atto, può essere catalizzata da chi vuole ribaltare il potere, creare nuovi adepti nella propria setta religiosa o con il fine di controllare grandi fette della popolazione globale (oggi consumatori compulsivi di beni).
Ogni presunto buon proposito quando inizia a fomentare la paura, cessa di essere buono e diviene esercizio del potere e controllo, ergo: emanazione dell’ego.

Come mai i miti, foraggiatori delle guerre, falliscono raramente nella loro funzione?
Essi attribuiscono significato e senso al caos, offrono giustificazione alla violenza, glorificano le proprie azioni e i propri operati, anche i più insensibili e nefasti o presuntuosamente corretti; mascherano l’impotenza, celebrano il destino supremo della propria etnia, gruppo politico e/o religioso, rafforzano i sentimenti di identità, impediscono il dialogo e ogni ricerca di compromesso con quello che viene considerato l’indegno avversario, il verme da sotterrare.

I miti manipolano la verità, nascondono la menzogna, trasmutano il volto della violenza, che da orripilante si fa ideale eroico e sinonimo di bellezza.
La primordialità e rudezza dei sentimenti, l’essenzialità dei comportamenti ottengono una (provvisoria) rivincita sulla sensibilità dell’animo e la raffinatezza del pensiero della civiltà avanzata, così la poesia, l’arte e la letteratura dialoganti, critiche, aperte al confronto e alla considerazione dell’altro, vengono perseguitate, represse, accusate di mediocrità e perfino di tradimento.

Infatti, è fuor di dubbio che i miti siano stati e siano, in buona parte, nutriti e custoditi dalle autorità religiose di ogni tempo e luogo. Se non si vuole affermare che le religioni sono causa diretta di paure, di odio e di guerra, quanto meno si può sostenere che religione e sacralità sono connaturate alla violenza, come ben ha argomentato René Girard nel suo saggio: La violenza e il sacro (lo puoi acquistare qui).