Dopo tanti anni di pratica in vari ambiti dell’arte, visiva e corporea, ho deciso di dare una risposta scritta alla domanda che molti praticanti si fanno per anni o, peggio, non si fanno affatto (portando avanti idee dogmatiche e preconcetti indotti), ovvero: cosa rende una persona un Maestro? E anche, di conseguenza: Come si riconosce un vero Maestro?

Cercherò di spiegare cosa rende una persona un Maestro soprattutto per dare un aiuto a coloro che praticano Taiji, questo perchè, oltre a esser diventata da tempo la mia attività principale, coinvolge il mondo delle “forze sottili” (o energie). In questo ambito complesso le idee sono tante e molto più confuse e ibridate, rispetto ad altri contesti. In ogni caso quello che scriverò può essere traslato in qualsiasi campo artistico, atletico e marziale.

La falsa idea di Maestro

Nel campo delle arti – ovvero in tutti quegli ambiti nei quali è coinvolto il corpo, con dei gesti e movimenti tecnici utili a ritrovare la naturalezza dell’essenza, oltre che l’intelletto – l’idea completamente sbagliata e generalizzata è che un Maestro prima di ogni altra cosa debba essere un grande praticante o un grande artista. Questa è la prima idea velenosa che si insinua nella mente di coloro che stanno cercando di evolvere all’interno di un percorso. Chi segue questa idea chiude automaticamente le porte ai veri Maestri facendosi deviare dalle proprie illusioni e convinzioni errate.

La fascinazione

Quello che generalmente accade è che i praticanti alle prime armi si fanno affascinare dai praticanti più o molto abili; questa fascinazione si trasforma velocemente nella speranza di emulare quelle abilità e su questa speranza il praticante inesperto inizia a sognare. Sino a qua non ci sarebbe nulla di male, dato che una delle funzioni (a livello sociale) dei grandi artisti è proprio quella di essere un’ispirazione per gli altri.
Ma la grande abilità rende forse un praticante anche un Maestro? Assolutamente no! Ho conosciuto e praticato con allievi molto più Maestri dei loro maestri, scusando il gioco di parole e senza offesa per nessuno.

L’abilità tecnica non crea Maestri

L’abilità tecnica crea solo buoni praticanti. Insegnare è un’altra cosa. Per farlo, anche molto bene, non serve essere dotati di grandi abilità o pratiche sviluppate a livelli strabilianti.
Il vero Maestro è colui che generosamente, con attenzione e dedizione, aiuta gli altri a sviluppare doti e potenziale. Non colui che è capace soltanto di mostrare le proprie a confronto con gli altri.
La vera maestria sta nel riconoscere le peculiarità, le abilità potenziali e le problematiche di ogni individuo. Per far questo serve “capacità umana”, non abilità tecnica. In poche parole serve empatia e immedesimazione, condite da competenza ed esperienza di vita ampia e trasversale a vari ambiti dell’esistenza.

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Il vero Maestro viene sempre superato dal proprio allievo

Un vero Maestro rende sempre i suoi allievi “migliori” di lui. Quando il vero Maestro incontra il vero allievo – ovvero colui che ha dedizione, fiducia, costanza e mente aperta – fa emergere abilità e capacità, che lui stesso non possiede.
Il falso maestro, al contrario, è un praticante abile che vuole detenere un potere/conoscenza sugli altri (più o meno consciamente), egli non ha alcun interesse a far progredire il prossimo e ancor meno a renderlo abile.
Un vero Maestro è capace di far sviluppare agli altri doti e capacità che lui stesso non possiede. Difatti un vero Maestro vede un potenziale e crea/inventa metodi e pratiche utili a far emergere quel potenziale. Le arti, infatti, in questo senso evolvono, perché generazione dopo generazione i veri Maestri le mutano, così da renderle comprensibili, utili e potenti per i propri allievi.

Cus D’Amato, un bell’esempio sportivo utile a chiarire le idee

Il grande e noto pugile Myke Tyson ebbe, come chiunque altro, un Maestro. Cus D’Amato (wiki) era un praticante (pugile) di livello appena accettabile, se messo a confronto con i suoi allievi: Floyd Patterson, José Torres, Muhammad Alì e, appunto, Myke Tyson. D’Amato inventò e sviluppò, tra gli altri metodi, persino la nota tecnica pugilistica chiamata Peek-a-Boo. Ma non fu lui a divenire forte in quella tecnica, bensì i suoi allievi.

Il Taijiquan e le altre pratiche corporee

Quando i praticanti di Taijiquan subiscono il fascino di un bravo praticante di tui shou (o di altri metodi), dovrebbero sempre pensare alla storia che ho appena raccontato sul Maestro Cus D’Amato. Noi ricordiamo Tyson, Alì, ecc, perchè sono stati strabilianti praticanti, ma questo non li ha mai resi dei Maestri. Al contrario il loro Maestro D’Amato non è mai stato un praticante di fama ma ha tirato fuori il potenziale da molte persone. Nel Tai Chi Chuan e in qualsiasi altra arte vale la stessa cosa.
Dobbiamo sempre trarre ispirazione dai grandi praticanti ma poi bisogna avere la capacità di riconoscere i veri Maestri. E le due cose non coincidono quasi mai. Per il semplice motivo che se la propria dedizione risiede nello sviluppo del proprio potenziale non si ha tempo da dedicare allo sviluppo nell’arte dell’insegnamento, dato che ogni percorso portato a un buon livello richiede una vita di dedizione.

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Come si riconosce quindi un vero Maestro?

Semplice, osservando la dedizione che impiega nel cercare di farvi capire in modo generoso, aperto e impegnato il vostro potenziale inespresso. Il Maestro non cerca mai di farti emulare quel che è lui, piuttosto cerca di farti capire quel che sei tu.
Molti pensano che senza avere una grande abilità, non si possa vedere quella altrui. Se questo è il dubbio che vi assale ricordate quel che ho scritto sul Maestro Cus D’Amato. E ricordate che è solo un esempio in ambito sportivo. Ma tutte le arti e la storia di queste sono fatte da Grandi Maestri sconosciuti e grandi praticanti famosi, figli di quei Maestri a noi non noti.