Ogni cosa che ci circonda e ci compone non è sempre esistita per come la conosciamo. Descrivere l’origine dipende anche da quale significato diamo al nulla.
L’Universo, come lo vediamo oggi, è sicuramente pieno di “cose”. Tutto ciò che vediamo, sentiamo e con cui interagiamo è costituito da particelle subatomiche che si sono assemblate in grandi strutture – come per esempio: esseri umani, pianeti, stelle, galassie e ammassi di galassie – nel corso della storia dell’Universo. Tutti obbediscono alle stesse leggi della fisica ed esistono nel contesto dello spaziotempo che occupa tutto.
Eppure, tutte le cose che vediamo e sperimentiamo nell’Universo oggi esistono solo da un periodo di tempo limitato. L’Universo non ha sempre avuto galassie, stelle o atomi, e quindi devono essere sorti ad un certo punto. Ma da cosa sono emersi? Sebbene la risposta ovvia possa sembrare da “qualcosa”, non è necessariamente vero, infatti potrebbero essere sorti proprio dal “nulla”. Cosa significa “nulla” in questo contesto per uno scienziato? A seconda a chi poni la domanda, potresti ottenere una delle tre diverse risposte (più 3 bonus) di seguito elencate.
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1. Una condizione in cui non esistevano gli ingredienti grezzi per creare “qualcosa”.
Non puoi avere galassie, stelle, pianeti o esseri umani senza le particelle necessarie per costruirli. Tutto ciò che conosciamo e con cui interagiamo è fatto di particelle di materia subatomica; questi sono gli ingredienti grezzi con i quali è costruito il nostro Universo per come lo conosciamo.
Se inizi con un Universo pieno di materia, è facile capire che questo può espandersi, raffreddarsi e gravitare sino a diventare l’Universo che conosciamo (almeno in parte). Sappiamo come le stelle vivono e muoiono, portando agli elementi pesanti che consentono la creazione di stelle con massa piccola, pianeti rocciosi, molecole organiche e, infine, la possibilità della vita. Ma come siamo giunti a un Universo pieno di materia, invece di uno con uguali quantità di materia e antimateria?
Trattasi di uno dei più grandi enigmi della fisica: se le leggi della fisica sono tali che possiamo creare materia e antimateria solo in quantità uguali, come siamo arrivati a un Universo in cui ogni struttura che vediamo è fatta di materia e non di antimateria? Ogni pianeta, stella e galassia che abbiamo mai visto è noto per essere fatto di materia e non di antimateria. L’origine dell’asimmetria materia-antimateria – un enigma noto nella comunità dei fisici come bariogenesi – è uno dei più grandi problemi irrisolti della fisica odierna. Molte idee e meccanismi che sono stati proposti, sono teoricamente plausibili, ma non conosciamo con certezza la vera risposta. Non sappiamo perché ci sia “qualcosa”, più materia che antimateria, invece di avere quantità uguali.
Questo è ciò che si intende quando si sente dire che la materia nel nostro Universo è nata dal nulla.
2. Il nulla è il vuoto dello spazio vuoto.
Forse preferisci una definizione di nulla che non contenga letteralmente alcunché. Se segui questa linea di pensiero, per raggiungere il nulla dovrai sbarazzarti di ogni costituente fondamentale della materia. Ogni quanto di radiazione deve scomparire. Ogni particella e antiparticella, dal neutrino spettrale a qualunque cosa sia la materia oscura, deve essere rimossa.
Se potessi in qualche modo rimuovere tutto quanto, potresti assicurarti che l’unica cosa rimasta è lo spazio vuoto. Senza particelle o antiparticelle, senza materia o radiazioni, senza quanti identificabili di alcun tipo nell’Universo. Tutto ciò che vi sarebbe rimasto è il vuoto dello spazio vuoto. Per alcuni, questa è la vera definizione scientifica di “nulla”.
Ma alcune entità fisiche rimangono ancora, anche in quello scenario altamente restrittivo che è fantasioso. Le leggi della fisica sono ancora lì, il che significa che i campi quantistici permeano ancora l’Universo. Ciò include il campo elettromagnetico, il campo gravitazionale, il campo di Higgs e i campi derivanti dalle forze nucleari. Lo spaziotempo è ancora lì, governato dalla Relatività Generale. Le costanti fondamentali sono tutte ancora al loro posto, tutte con gli stessi valori che osserviamo. E, cosa forse più importante, l’energia del punto zero dello spazio è ancora lì, ed è ancora al suo valore attuale, positivo, diverso da zero. Oggi, questo si manifesta come energia oscura. Prima del Big Bang, questo si è manifestato sotto forma di inflazione cosmica, la cui fine ha dato origine all’intero Universo. Da qui deriva la frase “un universo derivato dal nulla”. Anche senza materia o radiazioni di alcun tipo, questa forma di “nulla” conduce comunque a un Universo affascinante.
3. Il nulla come lo stato ideale, più basso possibile, di energia dello spaziotempo.
In questo momento il nostro Universo ha un’energia inerente allo spazio stesso, che ha un valore positivo diverso da zero. Non sappiamo se questo sia il vero “stato fondamentale” dell’Universo, cioè lo stato energetico più basso possibile, o se possiamo ancora scendere. È possibile che ci troviamo in uno stato di falso vuoto e che il vero vuoto, o il vero stato di energia più bassa, sia più vicino allo zero o possa effettivamente arrivare fino allo zero (o anche al di sotto).
La transizione dal nostro stato attuale porterebbe probabilmente a una catastrofe che altererebbe per sempre l’Universo: uno scenario da incubo noto come decadimento del vuoto. Ciò comporterebbe molte cose sgradevoli per la nostra esistenza. Il fotone diventerebbe una particella massiccia, la forza elettromagnetica viaggerebbe solo per brevi distanze e praticamente tutta la luce solare emessa dalla nostra stella non riuscirebbe a raggiungere la Terra… Volendo immaginare questo come uno stato di vero nulla, è forse lo scenario ideale che mantiene ancora intatte le leggi della fisica (anche se alcune delle regole sarebbero diverse).
Se tu fossi in grado di raggiungere il vero stato fondamentale dell’Universo – qualunque sia tale stato – ed espellessi dal tuo Universo tutta la materia, l’energia, la radiazione, la curvatura dello spaziotempo e le increspature, ecc., rimarresti con l’idea ultima di “nulla fisico”. Avresti ancora un palcoscenico su cui l’Universo può giocare, ma non ci sarebbero giocatori. Non ci sarebbe nessun cast, nessuna sceneggiatura e nessuna scena per la tua commedia, ma il vasto abisso del nulla fisico ti fornirebbe comunque un palcoscenico. Il vuoto cosmico sarebbe al suo minimo assoluto e non ci sarebbe modo di estrarre da esso energia o particelle reali (o antiparticelle). Eppure, per alcuni, tutto ciò ha ancora il sapore di “qualcosa”, piuttosto che di “nulla”, perché lo spazio, il tempo e le regole esistono ancora.
Idee che provengono da approcci metafisici
4. Il nulla si verifica solo quando rimuovi l’intero Universo e le leggi che lo governano.
Questo è il caso più estremo di tutti quelli elencati sino ad ora: un caso che esce dallo spazio, dal tempo e dalla fisica stessa, per immaginare un ideale platonico del nulla. Ovvero concepire di rimuovere tutto ciò che possiamo immaginare: lo spazio, il tempo e le regole che governano la realtà. Ma i fisici non hanno alcuna definizione per questo tipo di nulla. Trattasi quindi di un nulla filosofico. Come vedremo essere anche per le ipotesi 5 e 6.
Nel contesto della fisica, questo caso crea un problema: non possiamo dare alcun senso a questo tipo di nulla. Siamo costretti a presumere che esista una cosa come uno stato che può esistere al di fuori dallo spazio e dal tempo, e dallo stesso spaziotempo. Inoltre siamo costretti a credere che le regole governanti di tutte le entità fisiche che conosciamo possano emergere da questo stato di nulla ipotizzato.
Sfortunatamente, da un punto di vista scientifico moderno, non abbiamo idea se questa linea di pensiero possa trovare un futuro significato nella fisica. È possibile che sia il frutto della nostra capacità umana di “intravedere” cose al di fuori della nostra realtà attuale.
A ogni modo questa idea di nulla fa sorgere immediatamente una serie di domande che non possono trovare risposta definitiva in un tipo di mente che è logico scientifica, quali per esempio:
- Come fa lo spaziotempo ad emergere in un particolare luogo o istante, quando non esiste qualcosa come “spazio” (luogo) o “tempo” (istante)?
- Possiamo davvero immaginare che qualcosa sia “fuori” dall’Universo se non abbiamo spazio, o “un inizio” se non abbiamo il tempo?
- Da dove nascerebbero le regole che governano le particelle e le loro interazioni?
Questa definizione di nulla, certamente per molti può essere soddisfacente dal punto di vista filosofico, ma per molti altri potrebbe non avere un valore perchè sganciata dall’idea di scienza attuale. Potrebbe essere solo un costrutto nato dalla nostra inadeguata intelligenza umana oppure il frutto di una pratica che ha portato a collegarsi a cose che la scienza ancora non può attualmente dimostrare.
Idee che provengono da approcci metafisici
4. Il nulla si verifica solo quando rimuovi l’intero Universo e le leggi che lo governano.
Questo è il caso più estremo di tutti quelli elencati sino ad ora: un caso che esce dallo spazio, dal tempo e dalla fisica stessa, per immaginare un ideale platonico del nulla. Ovvero concepire di rimuovere tutto ciò che possiamo immaginare: lo spazio, il tempo e le regole che governano la realtà. Ma i fisici non hanno alcuna definizione per questo tipo di nulla. Trattasi quindi di un nulla filosofico. Come vedremo essere anche per le ipotesi 5 e 6.
Nel contesto della fisica, questo caso crea un problema: non possiamo dare alcun senso a questo tipo di nulla. Siamo costretti a presumere che esista una cosa come uno stato che può esistere al di fuori dallo spazio e dal tempo, e dallo stesso spaziotempo. Inoltre siamo costretti a credere che le regole governanti di tutte le entità fisiche che conosciamo possano emergere da questo stato di nulla ipotizzato.
Sfortunatamente, da un punto di vista scientifico moderno, non abbiamo idea se questa linea di pensiero possa trovare un futuro significato nella fisica. È possibile che sia il frutto della nostra capacità umana di “intravedere” cose al di fuori della nostra realtà attuale.
A ogni modo questa idea di nulla fa sorgere immediatamente una serie di domande che non possono trovare risposta definitiva in un tipo di mente che è logico scientifica, quali per esempio:
- Come fa lo spaziotempo ad emergere in un particolare luogo o istante, quando non esiste qualcosa come “spazio” (luogo) o “tempo” (istante)?
- Possiamo davvero immaginare che qualcosa sia “fuori” dall’Universo se non abbiamo spazio, o “un inizio” se non abbiamo il tempo?
- Da dove nascerebbero le regole che governano le particelle e le loro interazioni?
Questa definizione di nulla, certamente per molti può essere soddisfacente dal punto di vista filosofico, ma per molti altri potrebbe non avere un valore perchè sganciata dall’idea di scienza attuale. Potrebbe essere solo un costrutto nato dalla nostra inadeguata intelligenza umana oppure il frutto di una pratica che ha portato a collegarsi a cose che la scienza ancora non può attualmente dimostrare.
Filosofia prima filosofia ultima – Il sapere dell’Occidente fra metafisica e scienze, di Giorgio Agamben
Che cosa è in gioco in quella che la tradizione della filosofia occidentale ha chiamato filosofia prima, ovvero metafisica? Si tratta di una speculazione astratta ormai desueta, oppure in essa ne va di un problema che ci riguarda da vicino, cioè quello dell’unità del sapere dell’Occidente? La metafisica è, infatti, «prima» solo in rapporto alle altre due scienze che Aristotele chiama teoretiche, cioè la fisica e la matematica. È il senso strategico di questo «primato» che si tratta allora di interrogare, poiché in esso è in questione nulla di meno che la relazione di dominio o di sudditanza, di conflitto o di armonia fra la filosofia e le scienze.
Se noi siamo il frutto di una creazione, di qualsiasi natura essa sia, e siamo in grado di immaginare delle cose. Tali cose o non-cose devono esistere per forza da qualche parte. Se fossimo in grado di immaginare ciò che non esiste, saremmo un dio creatore e distruttore di universi. La creatività umana è in realtà un ambito sopravvalutato. Possiamo immaginare, intuire o percepire solo quel che esiste già “qui” (lo fanno le persone ordinarie) e “altrove” (lo fanno le persone straordinarie).
5. Nel Daoismo, il raggiungimento di uno stato di vuoto è come una dimensione di quiete e placidità che è lo “specchio dell’universo”, la “mente pura” che porta alla comprensione del nulla.
Nel Daodejing si afferma che il vuoto è correlato al Dao, il Grande Principio, il Creatore e Sostenitore di ogni cosa nell’universo. Il Dao (o Tao) che non può essere spiegato, e quindi viene detto Tao, perchè non si può parlare di ciò che in alcun modo potrà mai essere manifestato con una qualsiasi forma di linguaggio, che sia matematico o di altra natura.
Solo lo stato d’animo del discepolo daoista che coltiva il Dao, svuotando con successo la mente da tutti i desideri e le idee non adatte, può giungere a uno stato di vuoto: la mente ferma del saggio che è lo specchio del cielo e della terra (universo), lo specchio di tutte le cose. Ovvero una dimensione di quiete, placidità, silenzio e non-azione. Una mente-pura che è la “perfezione del Dao”. Perfezione che porta alla comprensione – non logica e in nessun modo collegabile a un qualche tipo di linguaggio – delle caratteristiche stesse dell’universo e della mente.
Dal punto di vista del praticante/coltivatore del Dao, come può mai essere dimostrabile una verità elevata che non può essere spiegata con il linguaggio? E come può mai essere spiegato tutto ciò, anche usando le migliori delle metafore immaginabili, a coloro che non sono pronti per accogliere e quindi “vedere”?
La scienza, dal punto di vista della pratica daoista, ha quindi il “limite” di poter parlare alle persone ordinarie di cose ordinarie. Ciò che è straordinario sarà “visibile” coloro che sono pronti ad abbracciare il più (straordinario) che contiene il meno (ordinario).
In questo tipo di visione, nel quale il linguaggio filosofico è un tentativo vano di spiegare agli altri quel che emerge dalla pratica, la complessità non ha a che fare con una sorta di superiorità nel padroneggiare un tipo linguaggio, delle nozioni, la conoscenza di formule e le abilità logiche. Questo perchè, tali caratteristiche, per quanto diverse tra individuo e individuo, rimangono comunque nella sfera della mente ordinaria, incapace di elevarsi e che preferisce dimorare in ciò che può essere descritto con il limitato linguaggio dei nomi e delle parole.
Il Tao della fisica, di Fritjof Capra
Lo scopo dichiarato del bellissimo libro di Capra è di dimostrare che esiste una sostanziale armonia tra lo spirito della saggezza orientale e le concezioni più recenti della scienza occidentale. La fisica moderna va ben al di là della tecnica, «la via – il Tao – della fisica può essere una via con un cuore, una via rivolta alla conoscenza spirituale e alla realizzazione di sé». Con uno stile piano ma appassionato, l’autore spiega al lettore da una parte i concetti, i paradossi e gli enigmi della teoria della relatività, della meccanica quantistica e del mondo submicroscopico; e, dall’altra, gli fa assaporare il fascino profondo e sconcertante delle filosofie mistiche orientali.
Il Tao della fisica, di Fritjof Capra
6. Il termine buddista vacuità si riferisce specificamente all’idea che tutto è originato in modo interdipendente, comprese le cause e le condizioni stesse, e persino il principio di causalità.
Qui si afferma che tutti i dharma (fenomeni) sorgono in dipendenza da altri dharma: “se questo esiste, quello esiste; se questo cessa di esistere, anche quello cessa di esistere”.
Qual è la realtà delle cose così com’è? È l’assenza di essenza.
Le persone inesperte o non pronte il cui occhio della vera intelligenza è oscurato dall’oscurità dell’illusione e dalla logica, possono concepire un’essenza delle cose alle quali si genera attaccamento e/o ostilità.
Nell’idea buddista, raggiungere la realizzazione della vacuità (o del “nulla”) dell’esistenza inerente è, tra le altre cose, la chiave per la cessazione permanente della sofferenza, cioè la liberazione, l’illuminazione.
Gli esseri ordinari che non realizzano la vacuità non vedono le cose come simili alle illusioni e non si rendono conto che le cose esistono perchè etichettate dalla mente tramite nomi e parole.
Ciò che si pensa essere reale – i nostri pensieri, ragionamenti e sentimenti su persone e cose – esiste solo perchè lo si sta etichettando. Coloro che meditano e raggiungono la conoscenza dello stato del vuoto, sono in grado di rendersi conto che i loro pensieri sono semplicemente illusioni di una mente che non fa altro che etichettare cose che possono essere comprese soltanto quando si lascia andare questa modalità illusoria.
6. Il termine buddista vacuità si riferisce specificamente all’idea che tutto è originato in modo interdipendente, comprese le cause e le condizioni stesse, e persino il principio di causalità.
Qui si afferma che tutti i dharma (fenomeni) sorgono in dipendenza da altri dharma: “se questo esiste, quello esiste; se questo cessa di esistere, anche quello cessa di esistere”.
Qual è la realtà delle cose così com’è? È l’assenza di essenza.
Le persone inesperte o non pronte il cui occhio della vera intelligenza è oscurato dall’oscurità dell’illusione e dalla logica, possono concepire un’essenza delle cose alle quali si genera attaccamento e/o ostilità.
Nell’idea buddista, raggiungere la realizzazione della vacuità (o del “nulla”) dell’esistenza inerente è, tra le altre cose, la chiave per la cessazione permanente della sofferenza, cioè la liberazione, l’illuminazione.
Gli esseri ordinari che non realizzano la vacuità non vedono le cose come simili alle illusioni e non si rendono conto che le cose esistono perchè etichettate dalla mente tramite nomi e parole.
Ciò che si pensa essere reale – i nostri pensieri, ragionamenti e sentimenti su persone e cose – esiste solo perchè lo si sta etichettando. Coloro che meditano e raggiungono la conoscenza dello stato del vuoto, sono in grado di rendersi conto che i loro pensieri sono semplicemente illusioni di una mente che non fa altro che etichettare cose che possono essere comprese soltanto quando si lascia andare questa modalità illusoria.
L’insegnamento del Buddha, di Rahula Walpola
Walpola Rahula, il primo monaco buddhista a divenire titolare di una cattedra universitaria in Occidente, ha offerto con questo libro un’introduzione al buddhismo che, a sessant’anni dalla sua pubblicazione, conserva intatte la sua freschezza e attualità e rimane imprescindibile per chiunque voglia accostarsi a questa tradizione millenaria.
L’insegnamento del Buddha, di Rahula Walpola
Conclusioni
Quando gli scienziati parlano del nulla, pensano che la loro definizione, indipendentemente da quale essa sia, possa essere l’unica valida e credibile. Eppure la maggior parte delle grandi domande sono ancora irrisolt e la scienza non è in grado di aiutarci. Allo stesso modo anche altri sistemi di conoscenza e indagine affermano di poter guidare alla vera realtà delle cose e delle non-cose, ma non è detto che siano sistemi veri e/o validi.
A ogni modo, che si voglia credere e seguire determinate pratiche o restare fedeli al metodo scientifico, il tema del “nulla” rimane uno dei più interessanti e controversi di sempre.
Ognuna delle definizioni scritte in questo articolo, è corretta a modo suo. Ma la cosa più importante è capire il retroterra culturale e conoscitivo che porta a determinate conclusioni sull’idea del nulla. Infatti ogni definizione ha il suo ambito di validità, con applicazioni e un’ampia gamma di particolari problemi fisici e metafisici alungo dibattuti.
Comunque sia, ogni concetto sopra descritto ha uno svantaggio comune: sono tutti costrutti delle nostre menti che sono certamente limitate e inadeguate a spiegare la fonte di ogni cosa della quale facciamo parte.