L’affinità tra due Maestri: Morihei Ueshiba e Yang Chengfu

Il famoso Maestro giapponese Morihei Ueshiba (植芝盛平, 1883-1969) creò l’Aikido (合氣道) non lontano dalla Pechino del suo coetaneo Yang Chengfu (楊澄甫, 1883-1936), il noto Maestro cinese di Taijiquan (太極拳). Nel periodo in cui Ueshiba creò e diffuse l’Aikido, Yang Chengfu lavorava al fine di rendere il Taijiquan una pratica che favorisse la salute e l’elevazione spirituale, nel rispetto degli antichi insegnamenti scritti da Wang Zongyue nei Classici del Taijiquan. Questa trasformazione segnò un allontanamento dalle applicazioni militari insegnate dal nonno Yang Luchan.


Significato e filosofia dell’Aikido e del Taijiquan

Aikido significa letteralmente “Via dell’armonia attraverso la coltivazione dell’energia” (ai – armonia, ki – energia, do – via). Tradizionalmente, questa disciplina si propone di condurre alla fusione con l’energia vitale e lo spirito universale, un concetto che trova riscontro nei Classici del Taijiquan.
Dall’altro lato, nella cultura cinese tradizionale, “Taiji” rappresenta il “Dao” (道), la legge naturale che tutto abbraccia. Questo principio invita ogni cosa a essere in armonia con il Dao per prosperare e funzionare, un concetto applicato a ogni aspetto della vita.

Il carattere giapponese do (道) corrisponde esattamente al cinese dao (道), che implica un percorso di coltivazione spirituale e personale. Tuttavia, tradurre Dao è complesso, poiché racchiude un’intera filosofia millenaria.

Nel libro I tre Classici del Taijiquan di Wang, Wu e Li sono tradotti e commentati quelli che in Cina sono tutt’oggi considerati i primi e più importanti manoscritti della storia del Taijiquan. La traduzione dei tre manuali originali è accompagnata da spiegazioni approfondite di ogni frase, da un punto di vista pratico, teorico e linguistico. Ogni passaggio del libro è inoltre supportato da un commentario nel quale vengono approfonditi anche gli aspetti di natura filosofica e storico culturale che sono indispensabili per una corretta comprensione della materia trattata.

Il passaggio da arti marziali combattive a discipline spirituali

Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, molti interpreti delle arti marziali asiatiche iniziarono a enfatizzare aspetti spirituali e legati alla salute, ridimensionando la componente combattiva. Questo approccio, radicato nella tradizione daoista, promuoveva il rispetto per il prossimo e la coltivazione interiore, segnando una netta differenza rispetto agli sport da combattimento moderni.


La decadenza culturale e l’ascesa della violenza nelle arti marziali moderne

Oggi, le arti marziali che mirano all’elevazione dello spirito sono spesso sottovalutate, mentre gli sport da combattimento come le MMA (Mixed Martial Arts) attirano un pubblico sempre più affascinato dalla violenza. La spettacolarizzazione della brutalità rievoca i combattimenti tra gladiatori dell’antica Roma, evidenziando una ciclica tendenza umana verso l’aggressività.

Nonostante un breve periodo storico in cui figure come Mahatma Gandhi (महात्मा गांधी, 1869-1948) hanno promosso la non violenza, la radicata inclinazione umana alla violenza continua a riemergere, apparentemente impossibile da estirpare.

L’arte della pace– Gli insegnamenti riuniti in questo testo dimostrano che la vera Via del guerriero si basa sulla compassione, sulla saggezza, sul coraggio e sull’amore per la natura. Una raccolta di massime, tratte dalle conversazioni e dalle opere scritte di Morihei Ueshiba, fondatore della famosa arte marziale giapponese chiamata Aikido. Principi cristallini, applicabili a tutte le sfide che affrontiamo nella vita, nelle relazioni personali, nelle interazioni con altri esseri umani nella società, nel lavoro e negli affari, e nel nostro rapporto con la natura. Il vero significato del termine samurai è: ‘colui che serve e osserva il potere dell’amore’.

Le similitudini tra Taijiquan e Aikido

Nonostante le differenze tecniche, il Taijiquan e l’Aikido condividono molteplici aspetti filosofici daoisti. Entrambe sono arti difensive che rifiutano l’aggressione come intenzione primaria, in linea con l’antica eredità daoista. Tuttavia, il Taijiquan, essendo un’arte molto più antica dell’Aikido, ha attraversato un periodo di utilizzo più offensivo tra il 1600 e il 1800, un adattamento dovuto alle necessità belliche del tempo.

Da un punto di vista tecnico-marziale, entrambe le arti lavorano sull’idea che la cosa più importante sia sfruttare la forza, il movimento e l’intenzione dell’avversario, adattandosi con “morbidezza” al suo corpo. L’Aikido enfatizza l’idea che, per riuscire in tale scopo, si debba creare il vuoto dietro a falsi bersagli, mentre il Taijiquan persegue lo stesso obiettivo attraverso una qualità chiamata ting-jin, ovvero la capacità di percepire l’intenzione e le tensioni dell’avversario mediante la sensibilità del corpo a contatto. A tal fine, il Taijiquan, in particolare quello dello stile Yang, pone l’accento sull’importanza di essere song (per maggiori dettagli su questo argomento, puoi leggere I sei livelli del rilassamento nel Taijiquan).


L’evoluzione e l’adattamento delle arti marziali

Il Taijiquan dimostra come le arti marziali, pur mantenendo un’essenza, si adattino alle esigenze sociali e geopolitiche del tempo. Questo processo riflette l’insegnamento daoista secondo cui un fiume, pur cambiando nome nelle regioni attraversate, mantiene la sua essenza. Tuttavia, come un fiume può essere inquinato, anche le arti marziali risentono delle intenzioni e dei comportamenti dei praticanti.


Riflessioni sul ruolo delle arti marziali nella società

L’essenza delle arti marziali non si limita alla tecnica o alla pratica fisica, ma si estende a un concetto più ampio: quello del vivere in armonia con sé stessi e con il mondo circostante. Come il flusso di un fiume che si adatta agli ostacoli che incontra, anche le arti marziali richiedono flessibilità, adattamento e una profonda connessione tra mente, corpo ed energia. Questo approccio riflette la filosofia che il nostro modo di pensare e agire quotidianamente ha un impatto diretto non solo sulla nostra vita, ma anche sul mondo che ci circonda.

In questa prospettiva, le arti marziali possono essere viste come uno strumento di crescita personale e collettiva. Ogni gesto, ogni movimento, è una manifestazione concreta di principi più profondi, come l’equilibrio, la calma e il rispetto. Questi principi trovano un parallelo nel concetto di karma del Buddha: le nostre azioni, intenzioni e pensieri seminano i frutti che raccoglieremo in futuro. Una pratica marziale consapevole diventa quindi un percorso per coltivare buone intenzioni, generare equilibrio e agire in modo armonioso nella vita di tutti i giorni.

Tuttavia, il ruolo delle arti marziali nella società contemporanea spesso viene frainteso. Spesso percepite esclusivamente come discipline di autodifesa o strumenti per il combattimento, molte arti marziali hanno perso la loro dimensione spirituale e trasformativa. Questo impoverimento è il riflesso di una cultura che premia la competizione e l’aggressività, piuttosto che la riflessione e la connessione con gli altri. Quando, invece, praticate con consapevolezza, le arti marziali possono diventare un mezzo per promuovere valori come la pace, la tolleranza e la cooperazione.

Le arti marziali tradizionali ci insegnano che il vero combattimento non è contro un avversario esterno, ma contro le nostre debolezze interiori: l’ego, la paura, l’insicurezza. La pratica quotidiana diventa un esercizio per superare queste barriere, sviluppare disciplina e rafforzare il carattere. Questo rende le arti marziali uno strumento potente per contribuire a una società più equilibrata e rispettosa, in cui il conflitto può essere trasformato in collaborazione.

In conclusione, il ruolo delle arti marziali nella società va oltre l’aspetto fisico o competitivo. Esse rappresentano un invito a vivere con consapevolezza, riconoscendo che ogni azione, per quanto piccola, ha un impatto sul nostro percorso e su quello degli altri. Questo approccio non solo eleva l’individuo, ma può contribuire a creare una cultura collettiva basata sulla comprensione, il rispetto e l’armonia.


L’impatto della violenza nello sport moderno

Tra il 2007 e il 2015, le MMA hanno registrato 16 morti durante gli incontri, mentre la boxe inglese detiene il triste primato con 1.604 morti tra il 1890 e il 2011. Questi dati evidenziano come il mercato della violenza alimenti una cultura di aggressività e spettacolarizzazione del sangue.


La sfida di una cultura di pace

L’attuale emergenza sanitaria ha dimostrato quanto velocemente la società si abitui al peggio. Così come la pandemia ha banalizzato la morte, la diffusione di contenuti violenti su piattaforme come YouTube influenza negativamente i più giovani, esponendoli a valori distorti.

Nella foto in testata: Morihei Ueshiba a sinistra e Yang Chengfu a destra.

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