In questo breve estratto video (lo puoi vedere a fondo pagina) dell’acclamato documentario “The Professor: Tai Chi’s Journey West”, diversi studenti del Maestro Cheng Man Ching provano a dare una risposta alla domanda del titolo sopra, “cosa è il Tai Chi?”, in base alla loro esperienza. Nel dettaglio, in questo spezzone video vengono intervistati Ed Young, Carol Yamasaki, Don Hauser e Ken Van Sickle.
Le interviste sono accompagnate da immagini di repertorio sul Maestro Cheng Man Ching.
Ponendo la domanda “cosa è il Tai Chi” a un qualsiasi praticante di Taiji, probabilmente si ascolterà una risposta sempre diversa. Questo perché ognuno parla in base alla propria esperienza, agli insegnamenti ricevuti e con rispetto verso il proprio insegnante e lignaggio.
Sebbene il Tai Chi sembrerebbe essere un’esperienza e un percorso personale soggettivo, bisogna ricordarsi che i suoi principi e le sue qualità hanno la medesima fonte. Quindi, per quanto la dimensione discorsiva possa descrivere con le parole il Taijiquan in modo diverso, se la materia è stata davvero compresa attinge a un’unica fonte. Un percorso con il quale si dovrebbe cercare di allineare corpo, mente e spirito. Oppure, detto con altre parole: ascoltare il proprio essere tra terra e cielo.
Che il Taichi lo si pratichi ponendo attenzione sull’aspetto marziale dell’autodifesa (taichi chuan), e sugli equilibri che ne governano il confronto, o che si dia enfasi al suo aspetto salutista e spirituale, la verità è che questa antica arte è un metodo che consente di accedere a tutti e tre gli scenari come spiegato nei testi Classici del Taichi Wang, Wu e Li. Ogni praticante può quindi scegliere se concentrare tutte le proprie energie su un aspetto o destinare le proprie attenzioni a una comprensione trasversale della materia.
Molti praticanti di Taiji pensano che se la propria abilità nel tuishou* è migliore di quella altrui, questo corrisponde a una maggiore conoscenza del Taiji Quan. Ma costoro stanno confondendo un percorso basato sull’equilibrio con una pratica che gli appare come esclusivamente combattiva. Una grande competenza nel tuishou in verità denota semplicemente una maggiore esperienza nel campo specifico dentro il quale ognuno mette, più o meno consapevolmente, il proprio retroterra corporeo ed emotivo sfruttando lo studio delle energie del Taijiquan.
* Tuishou, ovvero “mani che premono” sono una serie di esercizi svolti in coppia, nella quale si cerca di comprendere quali sono le energie che muovono il proprio corpo in modo intelligente adoperando gli “8 cancelli“.
Al contrario della componente marziale, gli aspetti spirituale e salutare della pratica sono qualcosa di difficilmene dimostrabile esternamente (almeno non palesemente) e si tende quindi a banalizzarli o a credere che la vera abilità del praticante vada di pari passo con la sua abilità nel tuishou.
La mia esperienza mi suggerisce che esistono molti praticanti tanto abili nell’aspetto marziale quanto mancanti su altri fronti del percorso che è implicito nel Taijiquan. Se sei bravo nella dimensione del tuishou ma poi basta un soffio di vento per alterare la tua giornata, in cosa staresti incarnando lo yin-yang?
Credo che la cosa più interessante nella pratica del Taijiquan sia quella di poter accedere a tutti gli aspetti menzionati attraverso un sistema che consente di coltivare l’equilibrio tra essi. D’altronde la coltivazione del Dao parte dal percorso votato all’equilibrio; non certo nell’ossessione di riuscire a spingere qualcuno a qualche metro di distanza.
Il Taijiquan non è uno sport e nemmeno una forma di competizione personale. Trattasi di un sistema di auto coltivazione più simile alla meditazione.