taichi aspettative

Recentemente una persona che è venuta a fare la prova presso uno dei miei corsi di Taijiquan si è presentata dicendomi: “..faccio una prova ma è come se mi fossi già iscritta, ho visto i video e sono certa che voglio praticare il Taijiquan”. Mentre ascoltavo le sue parole sapevo già che non sarebbe mai tornata per fare il corso. Come facevo a saperlo? Perché certe affermazioni denotano un’aspettativa che, in questo contesto, equivale ad avere già un’idea (preconcetta e pregiudizievole) di quel che è il Taijiquan. Di conseguenza, se la pratica non rispecchia l’aspettativa la si abbandonerà sin da subito. Questo atteggiamento ci lascia costantemente nel mondo di quel che già sappiamo (o pensiamo di sapere) non consentendo alla mente di aprirsi verso strade che potrebbero sorprendere, con il passare del tempo, in modo inaspettato.

Ogni aspettativa si potrebbe dire che è il sintomo di una certa presunzione e arroganza inconsapevole che ci spinge a credere cosa sia un qualcosa ancora prima di averlo scoperto.

Continuando il breve racconto… Come era evidente ho ricevuto un sms dalla persona che era venuta a fare la prova con scritto: “Non sono convinta perché non mi va di dover porre troppo l’attenzione alla sequenza dei movimenti. Desidero un lavoro più semplice…immediato da recepire”.

Questo aneddoto lo trovo un buono spunto di riflessione, utile a chiarire qualcosa sul Taijiquan, per chi ha appena iniziato questo percorso o per chi vorrebbe intraprenderlo.

Nota – Il Taichi può essere iniziato a qualsiasi età. Soprattutto il lavoro di vera ricerca di alto livello, ovvero di elevazione mentale, non ha limiti legati all’età.

L’obiettivo di un principiante è quello di fidarsi del percorso di trasformazione (neigong, “lavoro interno”) che fonda le proprie basi su una corretta struttura corpo-mente, yinyang. La mente è yang, il corpo è yin; le ossa sono yang, i tessuti molli sono yin; il movimento è yang, la fermezza è yin… ecc.
Per avere consapevolezza corpo-mente di questi aspetti (e di molti altri) si parte da una intelaiatura (forma) esterna nella quale il principiante per prima cosa impara ad avere il giusto equilibrio, ovvero mantenere il centro, privo di tensione muscolare, all’interno di sequenze di movimenti eseguiti lentamente e guidati da Yi (mente). Quindi è richiesto un lavoro di concentrazione e ascolto utile a lasciare andare le tensioni del corpo, senza mai perdere la struttura e senza mai collassare nel tentativo di rilassarsi.

percorso taichi

Il Taijiquan non è semplice, a dire il vero qualsiasi forma di vera trasformazione da “essere umano” a “essere yinyang” non è per nulla semplice.
Nell’ambito di queste pratiche “semplice” corrisponde a “falso”, ovvero: tempo perso a fare qualcosa di non realmente trasformativo.

Nota: se vai in palestra a sollevare pesi fai un lavoro semplice di trasformazione sui muscoli esterni del corpo. Il Taijiquan fa lo stesso lavoro di trasformazione ma invece di rendere più grossi, tesi e contratti i muscoli, rende la mente più espansa, il corpo più rilassato e radicato, migliora le funzioni interne (legate agli organi, ai vasi sanguigni), ecc.

La vera semplicità si raggiunge attraverso un percorso “complesso”.
Picasso arrivò a disegnare cose “semplici” passando attraverso un percorso tecnico di alto livello. È nota la sua frase: “A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino” una affermazione che dichiara come ogni vero percorso necessariamente passa da una complessità per giungere a una vera semplicità. Il contrario equivale a semplice ignoranza nella presunzione di sapere qualcosa.

Fare una cosa che è “semplice” in modo diretto equivale a non svolgere nulla di più di un passatempo, di uno svago per la mente che è momentaneo e che non corrisponde a un lavoro di trasformazione. Questo non significa che un passatempo sia necessariamente inutile e non significa nemmeno che qualsiasi cosa facciamo nella vita debba richiedere una dedizione assoluta e un livello di studio profondo. Ma sicuramente significa che se vogliamo svagarci un’ora alla settimana attraverso qualcosa di semplice allora è bene scegliere la Zumba o una corsetta al parco, piuttosto che la strada del Taijiquan. Questo però non vuol dire che con il Taijiquan bisogna prendersi troppo sul serio, sino al punto di non godersi i momenti “semplici” della vita. Anche perché qualsiasi cosa decidiamo di studiare, e quindi di approfondire, è importante ma relativa rispetto a noi stessi e al tempo nel quale esistiamo.

In ogni caso è certamente comprensibile il fatto che alcuni grandi Maestri di Taijiquan del passato erano restii a insegnare l’arte a persone che dichiaravano grandi intenzioni di studio. Questi Maestri erano restii non per motivi esclusivamente conservatori, ma perché sapevano che il Taijiquan non era materia per tutti e quindi non volevano far perdere tempo a persone inadatte a questo tipo di percorso. Chiaramente c’è una differenza tra l’insegnare le basi utili a chiunque per vivere meglio con sé stessi e l’insegnare un’intera disciplina a chi vuole farne un percorso di vita. Difatti alcuni grandi Maestri del passato erano ben contenti di passare le basi a chiunque volesse praticare il Taijiquan; cosa ben diversa era insegnare “tutta l’arte” a discepoli che si presentavano ricchi di buoni propositi sin da subito, certi di cosa fosse il Taijiquan.
La mia esperienza mi porta a dire che più della metà delle persone che partono colme di buoni propositi si fermano ancora prima di avere iniziato il percorso. Al contrario spesso chi si avvicina al Taijiquan silenziosamente e umilmente finisce per andare lontano.

© Valerio Bellone

 

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Valerio Bellone

Valerio Bellone studia e fa continua ricerca sul Taichi Chuan, il Qi Gong e la Meditazione. È autore del primo e unico saggio mai scritto in italiano sui primi tre Classici del Taijiquan cinesi.
Il suo percorso inizia con il wushu moderno e successivamente si sposta alla fonte della tradizione del Taiqjiuan studiando inizialmente lo stile di Cheng Man Ching e successivamente lo stile madre originale della famiglia Yang.
Tiene regolarmente corsi di Taichi, Qi Gong e Meditazione nella città di Palermo e scrive articoli di divulgazione su queste materie.