musica e taichi

In una società che vive di rumori, su diversi livelli, bisogna imparare ad apprezzare i silenzi.

Premessa

Solitamente durante i primi incontri di Taichi Chuan con una nuova classe per principianti inserisco qualche sottofondo musicale “rilassante”. Nella mia ricerca e lavoro come insegnante questo approccio ha due funzioni. Il primo è di aiutare le persone nel processo conoscitivo vicendevole (la musica ha un grande potere aggregativo). Il secondo è di osservare le loro reazioni/sensazioni come principianti, facendo alcuni esercizi semplici accompagnati dalla musica (qui la playlist di Taiji Gate su Spotify ).

Dopo i primi incontri le mie lezioni diventano silenziose (possibilmente), prive di musica, e puntualmente mi viene detto: “come mai? …con la musica è molto più bello!”.
Il fatto che i praticanti durante i primi incontri dicano ciò è del tutto normale, difatti non si può certo pretendere che con poche ore di pratica alle spalle qualcuno possa dimorare in una dimensione costante di movimento consapevole (anche fosse solo movimento posturale esterno).

Per me la musica è quindi una sorta di test utile a capire in quale punto del percorso sono giunti i miei studenti. Difatti, in modo sistematico, una tantum ripropongo degli incontri con la musica alle classi di Taichi. Le loro reazioni alle lezioni accompagnate dalla musica sono un indicatore del punto nel quale si trovano rispetto alla pratica del Taijiquan. Più sentono l’esigenza di un sottofondo musicale e più significa che hanno ancora bisogno di una stampella mentale e illusoria.

Visto che concordo pienamente con l’idea di Sophia Delza (allieva americana del Maestro Ma Yuehliang) in merito alla musica come accompagnamento al Taijiquan, mi limito, nel testo che segue, a farne una traduzione dall’inglese.

Prima di leggere quanto da lei scritto devo però sottolineare che ella fu una danzatrice e coreografa professionista oltre che un’insegnante di Taijiquan, quindi non di certo una persona estranea alla musica. Ma d’altronde, chiunque pratichi con costanza e impegno con un vero Maestro di Taijiquan finisce per giungere alle medesime conclusioni, a prescindere dagli altri retroterra culturali di appartenenza.


Testo a seguire di Sophia Delza (1986)

Il Taichichuan è un tipo di esercizio autosufficiente e non ha bisogno di nessuna forza estranea a esso per essere stimolato. Se nell’esercizio del Taijiquan la musica risulta necessaria alla mente del praticante, tanto vale non esercitarsi affatto dato che verrebbe a mancare il principio essenziale dell’esistenza di questa pratica: mettere in armonia corpo e mente. Il Taijiquan esiste di per sé, attraverso la natura complessa del proprio mondo fisico, mentale ed emozionale. La musica è estranea all’essenza del Taijiquan. È una distrazione, una stampella che porta lo studente a pensare di stare raggiungendo la calma senza raggiungerla davvero. È un inganno che rende appetibile il Taijiquan romanzandone l’esercizio.

In realtà la musica impedisce a chi pratica di concentrarsi sulla relazione armoniosa tra forma e sé; inibisce l’essere “consapevole” mentre si sviluppa intuizione e tranquillità cosciente.

Invece di ascoltare sé stessi, con la musica ci si appoggia al suono esterno che mina lo spirito essenziale del Taichi Chuan.

Il silenzio

La mente può concentrarsi sul momento e sul pre-momento per prepararsi all’azione successiva senza indizi provenienti da un’influenza esterna. La mente rende autosufficienti nel silenzio dell’atto presente. Nel silenzio la mente può respingere i pensieri estranei e può auto spronarsi a essere presente quando inizia a vagare. Il silenzio aiuta a ricordare sé stessi, così si può raggiungere un piano superiore di coscienza.

Il silenzio è essenziale per la consapevolezza e per l’attenzione, oltre che per ascoltare sé stessi dall’interno verso l’esterno, e quindi essere in grado di richiamare alla superficie della mente pensieri profondi che rivelano un’ansia, un desiderio, un fatto, una speranza; cose che sorgono come un lampo in modo pertinente e significativo.

Con l’esperienza e il controllo, il silenzio aiuta a limitare la mente all’argomento in questione e l’interferenza di idee irrilevanti diminuisce in modo progressivo. Così come il corpo fisico (chimico, dinamico, meccanico) acquisisce gradualmente, grazie all’esperienza: resistenza, sollievo e competenza, tanto quanto la capacità di dissolvere il flusso di pensieri, che sono distruttivi. Essere silenziosi è ben lungi dall’essere pesanti. Al contrario, tale silenzio è piacevole, equivale a tranquillità. Dal momento che questo silenzio è benefico, possiamo dire che il “silenzio è d’oro” in un modo che è ben più del semplice modo di dire.

Written by

Valerio Bellone

Valerio Bellone studia e fa continua ricerca sul Taichi Chuan, il Qi Gong e la Meditazione. È autore del primo e unico saggio mai scritto in italiano sui primi tre Classici del Taijiquan cinesi.
Il suo percorso inizia con il wushu moderno e successivamente si sposta alla fonte della tradizione del Taiqjiuan studiando inizialmente lo stile di Cheng Man Ching e successivamente lo stile madre originale della famiglia Yang.
Tiene regolarmente corsi di Taichi, Qi Gong e Meditazione nella città di Palermo e scrive articoli di divulgazione su queste materie.