mma o arte marziale
In questo articolo cerco di fare delle riflessioni al fine di dare risposta alla domanda più frequente tra gli appassionati di “combattimento”, ovvero: meglio gli sport da combattimento o i sistemi marziali tradizionali?

La domanda potrebbe essere liquidata velocemente rispondendo che sono due strade non paragonabili, avendo finalità diverse. Ma cercherò di approfondire l’argomento per chiarire le idee a tutti i giovani o meno giovani che si avvicinano a questi ambiti per la prima volta.

Introduzione

La maggior parte delle arti marziali tradizionali di matrice asiatica, praticate anche in occidente, nascono e si evolvono in contesti militari e difensivi. Tutti questi sistemi con il tempo hanno perso il valore militare e difensivo con la nascita delle armi da fuoco e, di conseguenza, si sono trasformati al fine di adattarsi ai nuovi contesti sociali. Il risultato è che alcuni sono andati in direzione della difesa personale e altri della competizione sportiva.

Sino a non molto tempo fa i sistemi che si erano evoluti con lo scopo dell’auto difesa servivano a tutelarsi da persone aggressive, ma generalmente non esperte (tecnicamente) di combattimento.
Gli sport da combattimento, in modo completamente diverso, nascono e si evolvono, già in tempi molto antichi, per la dimensione del duello, ovvero combattimenti codificati tra esperti che si affrontano entro uno spazio delineato, seguendo determinate regole, tempi e modalità precise.

Nella maggior parte dei casi del passato uno sport da combattimento non affrontava uno stile diverso, questo significava, per esempio: boxe contro boxe e non contro lotta greco romana. Solo negli ultimi decenni gli sport da combattimento hanno conosciuto la multidisciplinarietà portando a quello che oggi è noto come MMA, ovvero Mixed Martial Arts (arti marziali miste). Nome a mio avviso errato, dato che sarebbe più corretto parlare di MCS, ovvero Mixed Combat Sports (sport da combattimento misti).

Cerchiamo di capire meglio

Capiti i contesti e i motivi nei quali i due filoni nascono e si evolvono si può facilmente dedurre che questi seguono strategie e regole combattive ben diverse.

Un professionista di Wing Chun (stile di wushu derivato dallo Shaolinquan) che sale su un ring a combattere contro un boxer si potrebbe dire che non è furbo. Così come un pugile che pensa di avere la meglio contro un aggressore armato di coltello per strada è un illuso.
La base dell’autodifesa, prima di ogni cosa, è la sorpresa, basata su due fattori: 1) l’aggressore non sa cosa l’aggredito conosce e quindi come si difenderà. 2) Chi studia arti marziali con il fine dell’autodifesa e non del combattimento sportivo, si specializza nelle strategie di evasione dall’aggressione e sul tempo e la distanza utili a colpire in modo veloce e incisivo determinati punti (che nello sport è vietato colpire) con il fine di scappare.
Ebbene sì, autodifesa non significa sottomettere l’altro, ma bensì tutelare la propria salute e la propria vita. E la fuga è uno dei sistemi più efficaci a tutelare la propria vita.
Al contrario, negli sport da combattimento lo scopo è sottomettere l’altro, dimostrare chi è il più forte, qualcosa di intrinsecamente legato al machismo scimmiesco. Di fatto negli sport da combattimento lo scopo è il medesimo di quello di due gorilla maschi che si affrontano per dimostrare chi è il capo branco, ovvero trattasi di un rituale, potenzialmente pericoloso o mortale, ma pur sempre un rito, quindi “regolamentato”.
L’arte marziale tradizionale – continuando il paragone con il mondo animale – è più simile alla situazione nella quale si ritrova un cervo che si imbatte in un branco di lupi. L’unico scopo del cervo sarà quello di sopravvivere e per farlo tenterà di incornare il lupo capo branco con il fine di scoraggiare gli altri componenti, questo gli darà (forse) il tempo di fuggire.

L’esempio con gli animali dovrebbe chiarire quanto è inutile provare a paragonare due vie diverse – arte marziale tradizionale e sport da combattimento.

Se quel che piace è il combattere per dimostrare a sé stessi e/o agli altri quanto si è forti, allora la strada migliore è lo sport da combattimento: Muay Thai, Boxe, Jui Jitsu brasiliano, Judo, Lotta Libera, Lotta Greco Romana, Sanda, Sumo, Kick Boxing, ecc.

Se invece si vuole imparare un sistema difensivo per uscire da potenziali situazioni di pericolo e per difendersi da aggressori, allora la via dovrebbe essere quella dei close combat tradizonali o moderni, come: Wing Chun, Kali filippino, Krav Maga, Systema e molti altri.

Se lo scopo è praticare una via che duri tutta la vita al fine di coltivare, oltre che la marzialità, il benessere psicofisico e l’innalzamento dello spirito, allora bisognerebbe affidarsi ad arti antiche basate su sistemi di pensiero profondi. Quali per esempio: Taijiquan, Aikido, Baguaquan, ecc.

Chiarimenti

Capite le differenze e l’impossibilità di paragonare vie che perseguono scopi diversi, bisogna fare alcune precisazioni, al fine di non creare fraintendimenti. Faccio questo in modo schematico attraverso 10 punti:

  1. Se vuoi gareggiare negli sport da combattimento, sappi che le basi di alcune arti marziali tradizionali possono migliorare le abilità degli sport combattivi.
  2. Se vuoi dedicarti alle arti marziali tradizionali alcuni sport da combattimento possono donarti molte delle sensazioni utili.
  3. Se vuoi impare a difenderti in modo veloce la boxe inglese è uno dei migliori metodi. Il motivo è semplice, sono poche cose da imparare rispetto al bagaglio enorme di abilità da apprendere di un’arte marziale tradizionale.
  4. Un’arte marziale tradizionale si rivela efficace come sistema di autodifesa solo dopo moltissimi anni di pratica.
  5. Se vuoi andare sul ring pensando che potrai battere con il Krav Maga un pugile, rileggi l’articolo dall’inizio.
  6. Se farai il pugile convinto che per strada ti potrai difendere in qualunque situazione, solo perchè sai tirare bene i pugni, rileggi l’articolo dall’inizio.
  7. Se fai Muay Thai e ti aggrediscono con un coltello, pensi che calci e pugni ti salvino dal ferirti? Spero di no. Sappilo, è meglio fuggire (qualora possibile).
  8. Se diventerai esperto di un sistema di close combat saprai che il miglior modo per difenderti da un coltello è la fuga (quando questa è possibile).
  9. Quando si combatte per salvarsi la vita non è come quando si combatte per un trofeo. Non bisogna essere incoscienti e si deve sfruttare ogni possibilità utile al fine di evitare ogni tipo di contrasto.
  10. Imparare a difendersi dalle armi con i sistemi marziali tradizionali serve a dare una chance in più, non garantisce nulla. Quindi, ripeto, fuggire davanti a una minaccia armata è la cosa migliore. Una cosa sono i film su Yip Man, un’altra cosa è la realtà violenta.

 

Combattere o coltivare la pace

Da insegnante di Taijiquan quale sono diventato non posso che invitare chiunque a coltivare la pace e non il “combattere”, questo perchè sebbene il Taijiquan sia noto a molti come arte marziale, il suo scopo lo raggiunge trovando dimora nell’equilibrio e nell’armonia attraverso la coltivazione dell’essenza durante il corso della vita. Ergo: combattere mentalmente, verbalmente o fisicamente è un tipo di lavoro direttamente opposto al Taiji (principi taoisti) che sono le fondamenta del Taijiquan.
Questo non significa che facendo uno sport da combattimento vai in direzione della violenza verso gli altri, ma è indubbio che dovremmo augurarci un futuro nel quale non ci sarà più bisogno di combattere, indipendentemente che siano scontri rituali o reali.
Una volta Gandhi disse: “la civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali“. Perchè non estendere questa frase dicendo: “la civiltà di una persona si misura dal modo in cui tratta gli animali e le altre persone“.
Colpire una persona con lo scopo di fargli del male, che sia fatto per sport o meno, denota un livello di evoluzione che non ci distanzia da un qualsiasi altro primate.
Spesso diciamo che gli animali sono meglio di noi umani. Questo è vero nella misura in cui noi umani abbiamo una percezione di noi stessi come migliori, in quanto principali dominatori (e carnefici) del pianeta. In realtà in pochi si rendono conto che in 200.000 anni di nostra presenza come Homines Sapientes l’unica cosa che abbiamo fatto evolvere (davvero) è la conoscenza tecnico scientifica. Lo stesso grado di trasformazione non possiamo dire di averlo raggiunto nella socialità e negli altri contesti della vita. Poco importa se qualcuno sia più illuminato, quando la restante umanità ancora arranca dedicandosi, nella migliore delle ipotesi, al *grooming.
Purtroppo nell’ambito della non violenza non siamo molto diversi da un gruppo di Gelada o di altri primati, come sa bene ogni etologo. Uno di questi, Desmond Morris, infatti definì noi umani “scimmie nude” (dal libro “La Scimmia Nuda“). Come dargli torto.

* In etologia grooming è la pulizia del mantello o della pelle effettuata da molti mammiferi sul corpo di un individuo della stessa specie

© Valerio Bellone