Premessa
Il Professor Cheng Man Ching (鄭曼青 – Yongjia, 29 luglio 1902 – Taipei, 26 marzo 1975) fu un uomo straordinario che contribuì in modo sostanziale a mantenere in vita l’antica tradizione culturale cinese in un periodo durante il quale la Cina stava cambiando velocemente sotto l’influenza del mondo occidentale, della guerra giapponese e del comunismo. Egli divenne un professionista e un artista in ben cinque discipline tradizionali: medicina, taichi chuan, calligrafia, poesia e pittura. Per tale motivo Cheng Man Ching venne chiamato il Maestro delle cinque eccellenze.
Ma perchè la presentazione del Maestro Cheng Man Ching in questo articolo? Per il semplice motivo che gli spunti in merito alle riflessioni scritte di seguito provengono proprio da Cheng Man Ching. Alcuni suoi pensieri sono stati fonte di ispirazione per le generazioni di praticanti a lui succeduti, me compreso.
In quanto medico Cheng Man Ching affermò che l’unica disciplina sportiva che poteva essere di aiuto alle persone, in un modo che si avvicinava al Taichi Chuan, era il nuoto. Ma in cosa il nuoto somiglia al Taichi?
Fluidi: acqua e aria
Il nuoto si svolge in acqua – un fluido che è più denso* e più viscoso dell’aria (che è un gas) – e questo rende più “facile” alla persona coinvolta il rilassamento della muscolatura. Il rilassamento in acqua avviene per un paio di motivi: 1. per l’istinto legato alla normale risposta mammifera adattativa nel contesto della sopravvivenza. 2. perchè prima della nascita stiamo immersi per 9 mesi in un fluido, il liquido amniotico, simile per densità all’acqua, la cui funzione principale consiste nel proteggerci da urti e compressioni che potrebbero compromettere lo sviluppo armonico degli arti e soprattutto dei polmoni. Certamente di questa lunga permanenza di 9 mesi all’interno del liquido amniotico, rimane impressa in noi una traccia di memoria sepolta.
* densità media acqua dolce=1,000 kg/m³ – densità media dell’aria=1,225 kg/m³.
Se ti trovi in acqua e ti irrigidisci, il risultato è quello di affondare, annegare, quindi morire. Quindi la normale risposta istintiva dovrebbe essere quella di muoversi rilassando la muscolatura. Eppure, nonostante tutti siamo dotati della corretta risposta istintiva utile al galleggiamento, siamo talmente colmi di blocchi psicofisici che a molte persone risulta impossibile rilassarsi in acqua, soprattutto in acqua profonda. Per questo rilassarsi in acqua è facile, ma non così facile, almeno non per tutti.
A ogni modo, quando siamo immersi in acqua in un contesto che viene percepito come sicuro, per esempio all’interno di una piscina di acqua calda nella quale possiamo toccare il fondo con i piedi (cosa che ci ricorda il liquido amniotico), ci sentiamo sostenuti dall’acqua stessa e questo ci consente di rilassare i muscoli più facilmente, anche tramite movimenti dolci.
Tale tipo di rilassamento, generato dalla sensazione di galleggiamento, è il primo aspetto in comune con il Taichi. Difatti, una delle abilità basiche ricercate dal praticante di Taichi è il song (松), ovvero il rilascio delle tensioni psicofisiche.
Dimorare al primo livello di song quando siamo in acqua è molto più semplice di farlo quando siamo all’esterno della stessa, proprio perchè, come già detto, quando siamo in acqua percepiamo l’intero corpo come sostenuto, mentre quando siamo nel nostro elemento aria dobbiamo auto-sostenerci in un gioco di forze ed equilibri che tengano lo scheletro mentre si risponde alla forza di gravità. Potremmo dire che l’acqua crea una sorta di cuscinetto tra noi e la forza di gravità, mentre l’aria non crea questa sensazione nella nostra dimensione personale psicofisica.
In poche parole, quando il corpo si trova in acqua è libero di far “collassare” la muscolatura, mentre quando siamo fuori dall’acqua questo non può avvenire (nelle persone comuni), dato che disattivando la muscolatura si crollerebbe al suolo.
I Maestri di Taichi Chuan del passato però dicevano che la “carne” (intesa come muscolatura) doveva sciogliersi verso il basso. La domanda degli studenti quindi era: “cosa mi tiene in piedi se sciolgo i muscoli verso il basso”? La risposta era: “il qi” (energia vitale).
Si può facilmente capire come tale risposta è del tutto incomprensibile per qualcuno estraneo alla materia del Taichi o per un principiante della stessa.
In ogni caso, avendo capito qualcosa del nostro corpo immerso nell’acqua o nell’aria, si è facilmente indotti a pensare che fare sessioni di galleggiamento in acqua sia un sistema più potente del Taichi, parlando di rilassamento muscolare, ma non è così. Il Maestro Cheng Man Ching infatti diceva che il nuoto si avvicina al Taichi ma non che lo eguaglia o lo supera. Vediamo perchè.
Soltanto quando siamo immersi nel nostro fluido naturale (postnatale), l’aria, avviene il vero lavoro di rilassamento profondo. Riuscire a lasciare andare le tensioni psicofisiche stando in posizione eretta, da fermi o i movimento, è un lavoro molto complesso che richiede una capacità di ascolto del nostro corpo che spinge a un livello superiore di consapevolezza. Puoi leggere l’articolo sui sei livelli di song.
Un volta che si riesce a incarnare il primo livello di song (e quelli successivi) è come una sensazione che una volta acquisita non può essere più persa/dimenticata. Esattamente come quella che si prova la prima volta che si percepisce l’equilibrio andando in bicicletta o imparando a camminare. Non sono sensazioni/abilità che si perdono/dimenticano, tranne in caso di incidenti gravi.
Quando siamo in acqua non avviene la stessa cosa? No. Questo perchè l’acqua non è il nostro fluido, quindi, una volta ritornati alla nostra normalità fuori dall’acqua il rilassamento acquisito in acqua viene perso sul breve periodo e si ritorna alla dimensione di tensioni abituale. Certamente se paragoniamo un nuotatore abituale a una persona sedentaria il nuotatore sarà più rilassato, oltre che più in salute, ma non è questo il punto. Il paragone che viene proposto qui non è tra uno sportivo e un sedentario, ma bensì tra la pratica del Taichi nel fluido “aria” e quella del nuoto nel fluido “acqua”.
Quindi, sebbene il fluido acqua sia per noi umani altamente benefico (quando non si esagera) – come per esempio passare qualche giorno in un Parco Termale – rilassarsi in acqua non ha comunque il potere trasformativo che ha il Taichi, che crea un rilassamento duraturo. Inoltre il Taichi lo si può praticare giornalmente e ovunque ci si trova, lo stesso non lo si può fare con le terme.
Noi umani siamo dei sognatori e questo è vitale oltre che incredibile, però talvolta sognare ci spinge a vedere solo quel che non abbiamo, piuttosto delle possibilità che ci sono state donate. Invidiamo gli uccelli che volano e i pesci che nuotano. Ma non ci chiediamo mai se loro magari invidiano noi che riusciamo a correre, saltare e nuotare (male) e fare moltissime cose grazie alla posizione eretta e all’uso delle mani che sono svincolate dal terreno.
Un pesce fuor d’acqua si sente esattamente come noi quando siamo in acqua. Quando un pesce finisce fuori dall’acqua si sente avvolto da un fluido che non è il suo e quindi fa di tutto per tornare a casa propria. Noi, che siamo meno furbi del pesce, invece di essere felici del fluido nel quale ci troviamo facciamo di tutto per entrare in quelli a noi estranei. Non c’è nulla di male, anzi è giusto così, ma prima di esplorare altri mondi, bisognerebbe almeno avere consapevolezza del proprio.
Sempre Cheng Man Ching faceva notare che quando si pratica Taichi il principiante dovrebbe provare a percepire l’aria come un fluido che ci avvolge. Dato che le persone solitamente tendono a vivere dentro la sostanza aria dandola per scontata. Infatti ci si accorge consapevolmente del fluido aria soltanto quando questo ci viene a mancare e ci si sente soffocare.
Taichi e nuoto
Quello che ha in comune il nuoto con il Taichi è l’allungamento del corpo mentre al contempo lo si rilassa. Un bravo nuotatore non accorcia i muscoli e non diviene mai teso, difatti ogni piccola tensione gli impedirebbe di nuotare in modo funzionale. Nel Taichi si fa un lavoro molto simile, ma più profondo e consapevole, ovvero: si aprono le articolazioni, si allunga coscientemente la fascia (se non sai cosa è, leggi questo articolo) e si rilassa la muscolatura mentre si rilasciano le tensioni emotive.
Un altro aspetto comune ma non uguale del Taichi con il nuoto riguarda la respirazione. Nel Taichi esistono diversi sistemi di respirazione utili a molteplici scopi, così come nel nuoto. Quindi è certamente vero che le due disciplin hanno in comune il fatto che si fa un lavoro consapevole con la respirazione.
Il Taichi può aiutare un nuotatore? Certamente, puoi prendere tutto quello che acquisisci con il Taichi Chuan e metterlo dentro a quel che vuoi, nuoto compreso. Il Taichi è una pratica matrice che contiene “tutto”. Infatti il termine “Taichi” riguarda il contesto filosofico-pratico dello yin-yang, mentre il termine “Chuan” riguarda l’aspetto marziale. Il Taichi Chuan è quindi l’arte marziale dello yin-yang. Se incarni anche in minima parte lo yin-yang a livello psicofisico, puoi mettere quel che hai compreso in ogni cosa della vita.
Il nuoto può aiutare la pratica del Taichi? Certamente può essere di aiuto per i principianti. Nel Taichi non andrebbero mai fatte pratiche nelle quali si accorcia la muscolatura, generando contrazione. Quindi, dal mio punto di vista, l’unico sport che ha senso affiancare al Taichi è proprio il nuoto.
Se sei interessato a libri utili per il Taichi Chuan li trovi in questo articolo: I migliori libri per imparare il taichi: classici antichi e testi moderni
Da 0 a nuotare, di Davide Rosselli
Da 0 a nuotare, di Davide Rosselli
Meditazione e apnea statica
Esistono molti modelli di meditazione antichi e persino moderni, utili a diversi scopi. Quelli dei quali mi interessa parlare qui sono i tipi di meditazione antichi che nascono con il fine di ascendere spiritualmente.
Per chiunque abbia provato sia l’apnea statica* che la meditazione sarà subito chiaro che sono certamente due approcci diversi (l’apnea è e rimane un contesto sportivo) che però hanno un punto di contatto importante, la capacità di creare il “vuoto” nella mente o qualcosa che ci si avvicini. Ovvero la capacità di lasciare andare ogni pensiero, suono, immagine che si manifesta nella mente erratica, cercando un ritorno alla quiete interiore.
* Nell’apnea statica, lo scopo dell’apneista, che deve immergere l’apparato respiratorio nell’acqua, è quello di trattenere il respiro il più a lungo possibile.
Nella meditazione questo lo si fa come scopo principale, come ricerca e abbandono della mente ordinaria, la falsa-mente che vive di illusioni e desideri.
Nell’apnea invece la condizione alla quale si giunge, che è simile, è il risultato dello spingersi a una condizione estrema nella quale la sopravvivenza è messa in pericolo. Maggiore è la quiete interiore, minore sarà il consumo di ossigeno. Più calma è la mente e più calmo sarà il corpo. Il risultato è una capacità di apnea più lunga e una mente serena, meno spaventata dalla morte.
Si potrebbe dire che l’approccio dell’apneista è yang (“duro”) mentre quello del meditatore è yin (“morbido”).
Se da un lato l’acqua non facilità certo la dimensione meditativa, per motivi legati all’iniziale paura dell’affogamento, dall’altro lato l’acqua, a livelli più avanzati di apnea, facilità il processo “meditativo”. Questo perchè stare completamente immersi nel fluido acqua è un po’ come tornare alla dimensione di silenzio e assenza, calma, pace, prima della nascita, ai primi stadi che viviamo immersi nel liquido amniotico materno. Tale distacco dalla routine e dalle cose (rumore, odori, stimoli visivi, ecc.) quando si è immersi in acqua, senz’altro facilita (o costringe) un processo di tipo “meditativo”. Al contraio, quando siamo nel nostro ambiente naturale è tutto più complesso.
Però, come dico sempre in modo scherzoso ai miei allievi: diventare Buddha in una foresta lontano da tutto, immersi nella natura e nel silenzio è semplice, la cosa complessa e più interessante è diventare Buddha, e rimanerlo, quando ci troviamo al centro di un incrocio trafficato cittadino, aggrediti da energie di ogni tipo.
Libri e manuali sull’apnea e la respirazione degli apneisti
Tecniche di respirazione per apnea, di Federico Mana
Le tecniche di respirazione rappresentano le fondamenta per la costruzione di un’apnea rilassante, efficiente, sicura e in armonia con il nostro essere. Questa guida è un utile strumento per imparare a respirare correttamente e profondamente in modo da poter migliorare le proprie prestazioni. Il manuale rivisita le principali tecniche di controllo della respirazione per poi trovare le applicazioni pratiche nelle varie discipline dell’apnea. Il testo è corredato da esercizi mirati alle specifiche esigenze degli apneisti.
Corso di apnea: dai fondamentali al livello avanzato, di U. Pelizzari
Dall’esperienza di Umberto Pelizzari, uno dei maggiori protagonisti della storia dell’apnea (16 record mondiali, il primo uomo a infrangere il muro dei 150 metri in profondità) finalmente un manuale che unisce la ricerca didattica e teorica all’attività pratica. Un testo completo, che accompagna l’apneista alla scoperta di uno sport affascinante e di una disciplina dalle straordinarie componenti mentali.
Corso di apnea, di U. Pelizzari
Un manuale completo, illustrato e interamente aggiornato per diventare apneisti. Dalla teoria alla pratica questo Corso accompagnerà l’aspirante apneista alla scoperta di uno sport, affascinante e completo, che è allo stesso tempo una disciplina mentale e fisica.
La compensazione evoluta, di Federico Mana
Dalla compensazione oltre il limite respiratorio alla manovra hands free.
In questo volume, l’autore, a seguito di studi e confronti con medici, ricercatori e molti altri apneisti, espone nuove teorie in merito agli aspetti più salienti relativi alla compensazione, approfondisce e mette in discussione, talvolta parzialmente ritrattando, quanto esposto nel suo precedente manuale “La compensazione in apnea”.
Tecniche di respirazione per apnea, di Federico Mana
Le tecniche di respirazione rappresentano le fondamenta per la costruzione di un’apnea rilassante, efficiente, sicura e in armonia con il nostro essere. Questa guida è un utile strumento per imparare a respirare correttamente e profondamente in modo da poter migliorare le proprie prestazioni. Il manuale rivisita le principali tecniche di controllo della respirazione per poi trovare le applicazioni pratiche nelle varie discipline dell’apnea. Il testo è corredato da esercizi mirati alle specifiche esigenze degli apneisti.
Corso di apnea: dai fondamentali al livello avanzato, di U. Pelizzari
Dall’esperienza di Umberto Pelizzari, uno dei maggiori protagonisti della storia dell’apnea (16 record mondiali, il primo uomo a infrangere il muro dei 150 metri in profondità) finalmente un manuale che unisce la ricerca didattica e teorica all’attività pratica. Un testo completo, che accompagna l’apneista alla scoperta di uno sport affascinante e di una disciplina dalle straordinarie componenti mentali.
Corso di apnea, di U. Pelizzari
Un manuale completo, illustrato e interamente aggiornato per diventare apneisti. Dalla teoria alla pratica questo Corso accompagnerà l’aspirante apneista alla scoperta di uno sport, affascinante e completo, che è allo stesso tempo una disciplina mentale e fisica.
La compensazione evoluta, di Federico Mana
Dalla compensazione oltre il limite respiratorio alla manovra hands free.
In questo volume, l’autore, a seguito di studi e confronti con medici, ricercatori e molti altri apneisti, espone nuove teorie in merito agli aspetti più salienti relativi alla compensazione, approfondisce e mette in discussione, talvolta parzialmente ritrattando, quanto esposto nel suo precedente manuale “La compensazione in apnea”.