presenza consapevole
Prima ancora di rispondere alla domanda “cosa è la presenza consapevole?” bisogna dare una risposta alla domanda: chi o che cosa sono?

La natura è l’immaginazione stessa.
Come un uomo è, così vede.
Come l’occhio è formato,
così sono i suoi poteri.

William Blake

Quello sintetizzato da Blake è che il modo in cui una persona vede e conosce sé stessa, condiziona profondamente il modo in cui vede e conosce le cose, gli altri e il mondo. Ma cosa sappiamo davvero di noi stessi – svincolati da quello che gli altri e la nostra cultura ci dicono su di noi – affidandoci sull’esperienza diretta, che è la riprova di qualunque verità?

La cosa che sappiamo con certezza durante il passaggio nel nostro corpo mortale è che esistiamo. “Io sono” è talmente ovvio che normalmente non lo si prende nemmeno in considerazione, eppure è la conoscenza più preziosa che possediamo. Infatti, il senso di essere è l’esperienza più intima e familiare che ognuno ha; un qualcosa sul quale non si può dubitare e che non necessita l’accettazione da parte degli altri.

In poche parole, essere presenti è una qualità intrinseca al nostro sé ed è l’esperienza diretta che ci fa sapere di essere. Il nostro essere presenti è quindi evidente in questo preciso istante, così la presenza consapevole è la sensazione che emerge nell’istante in cui leggendo queste parole si realizza che il proprio essere è qui e ora.

Ma è l’io che sa di essere, oppure vengo conosciuto da qualcosa di diverso da me? Ovviamente è l’io che sa “io sono”. Quello stesso io che conosce le cose, è anche consapevole dell’io sono. Ciò significa che la consapevolezza, il conoscere, è una qualità intrinseca dell’essere.

È il nostro sé, l’io, che sa di essere presente e consapevole. Ergo, il nostro sé non ha bisogno di strumenti per sapere di essere presente e consapevole. Esso conosce semplicemente un “sé stesso” che ha la natura della conoscenza e della consapevolezza. E il sé non deve nemmeno fare qualcosa di particolare, ad esempio ricorrere al pensiero, per sapere che è presente. Sa di essere presente grazie alla più semplice e ovvia delle esperienze, quella che precede il pensare, il sentire e il percepire di essere.

Quando qualcuno ci chiede: “sei presente?”, ci prendiamo un attimo di tempo e poi rispondiamo: “sì”. Durante la pausa entriamo in contatto con l’esperienza più intima e più diretta di noi stessi, ed è da questa esperienza che proviene la certezza della risposta. Nel momento della pausa non ci colleghiamo al pensiero, alla sensazione o alla percezione, piuttosto entriamo direttamente in contatto con noi stessi. Difatti il sé fa riferimento solo a sée stesso. Ciò significa che il sé sa di essere presente e consapevole di per sé stesso e mediante sé stesso. Il sé per confermare il fatto di essere presenza consapevole non ha bisogno di nessun altro strumento, non della mente, non del corpo e meno ancora di una riprova esterna.

È l’esperienza più intima e diretta il fatto che ‘io’ sono presente e consapevole. Per questo motivo definiamo il nostro sé anche con il termine consapevolezza, ovvero presenza consapevole. La parola “consapevolezza” indica che l’essere, che per esperienza diretta sappiamo di essere (l’essere che sa di essere), è per sua natura presente e consapevole.

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