Qualche volta durante gli incontri di Taichi Chuan tenuti a Palermo con i principianti inserisco qualche sottofondo musicale “rilassante”. Nella mia ricerca e lavoro come insegnante questo approccio ha due funzioni:

  1. Aiutare le persone nel processo conoscitivo vicendevole (la musica ha un grande potere aggregativo).
  2. Osservare le loro reazioni/sensazioni, facendo alcuni esercizi semplici così come la forma di Tai Chi accompagnati dalla musica.

Detto ciò, le lezioni da me tenute sono generalmente silenziose, prive di musica, e spesso mi viene detto: “(…) come mai oggi niente musica? Con la musica è molto più bello!“.
È del tutto normale che i principianti lo dicano, poiché con poche ore di pratica alle spalle non si può pretendere che abbiano già raggiunto una dimensione stabile di movimento consapevole, nemmeno a livello puramente posturale.

In una società che vive di rumori, su diversi livelli, bisogna imparare ad apprezzare i silenzi.
V.B.

Per me, la musica è un test che mi aiuta a comprendere a che punto del percorso sono i miei studenti. Per questo, di tanto in tanto, inserisco lezioni con accompagnamento musicale. Le loro reazioni rivelano il livello di consapevolezza raggiunto nella pratica del Taijiquan: più avvertono la necessità di un sottofondo musicale, più significa che dipendono ancora da un sostegno esterno, una sorta di stampella mentale e illusoria.

In sintesi, a chi domanda se “Può essere utile praticare Taichi con accompagnamento musicale?“, posso dire questo:

Assolutamente no. Il Taijiquan è un’arte del tutto autosufficiente. La musica è una distrazione che:

  • Inganna il praticante facendogli credere di essere calmo.
  • Sostituisce l’ascolto interiore con un suono esterno.
  • Compromette la consapevolezza del corpo e della mente.

Sophia Delza, allieva americana del Maestro Ma Yuehliang, condivideva la mia stessa visione su Taichi e musica. Di seguito, riporto un suo scritto sull’argomento.

Prima di leggerlo, è utile sapere che Delza fu prima di tutto una danzatrice e coreografa professionista, quindi non certo estranea alla musica, né indifferente al suo fascino. Tuttavia, come accade a chi pratica con costanza e dedizione sotto la guida di un vero Maestro di Taijiquan, anche lei giunse alle stesse conclusioni, indipendentemente dal suo background artistico e culturale.

Nel libro I tre Classici del Taijiquan di Wang, Wu e Li sono tradotti e commentati quelli che in Cina sono tutt’oggi considerati i primi e più importanti manoscritti della storia del Taijiquan. La traduzione dei tre manuali originali è accompagnata da spiegazioni approfondite di ogni frase, da un punto di vista pratico, teorico e linguistico. Ogni passaggio del libro è inoltre supportato da un commentario nel quale vengono approfonditi anche gli aspetti di natura filosofica e storico culturale che sono indispensabili per una corretta comprensione della materia trattata.
Nel libro I tre Classici del Taijiquan di Wang, Wu e Li sono tradotti e commentati quelli che in Cina sono tutt’oggi considerati i primi e più importanti manoscritti della storia del Taijiquan.

Testo a seguire di Sophia Delza (1986)

Il Taichichuan è un tipo di esercizio autosufficiente e non ha bisogno di nessuna forza estranea a esso per essere stimolato. Se nell’esercizio del Taijiquan la musica risulta necessaria alla mente del praticante, tanto vale non esercitarsi affatto dato che verrebbe a mancare il principio essenziale dell’esistenza di questa pratica: mettere in armonia corpo e mente. Il Taijiquan esiste di per sé, attraverso la natura complessa del proprio mondo fisico, mentale ed emozionale. La musica è estranea all’essenza del Taijiquan. È una distrazione, una stampella che porta lo studente a pensare di stare raggiungendo la calma senza raggiungerla davvero. È un inganno che rende appetibile il Taijiquan romanzandone l’esercizio.

In realtà la musica impedisce a chi pratica di concentrarsi sulla relazione armoniosa tra forma e sé; inibisce l’essere “consapevole” mentre si sviluppa intuizione e tranquillità cosciente.

Invece di ascoltare sé stessi, con la musica ci si appoggia al suono esterno che mina lo spirito essenziale del Taichi Chuan.

Il silenzio

Il silenzio è essenziale per l’addestramento del vero Taijiquan. Il silenzio è oro.

La mente può concentrarsi sul momento e sul pre-momento per prepararsi all’azione successiva senza indizi provenienti da un’influenza esterna. La mente rende autosufficienti nel silenzio dell’atto presente. Nel silenzio la mente può respingere i pensieri estranei e può auto spronarsi a essere presente quando inizia a vagare. Il silenzio aiuta a ricordare sé stessi, così si può raggiungere un piano superiore di coscienza.

Il silenzio è essenziale per la consapevolezza e per l’attenzione, oltre che per ascoltare sé stessi dall’interno verso l’esterno, e quindi essere in grado di richiamare alla superficie della mente pensieri profondi che rivelano un’ansia, un desiderio, un fatto, una speranza; cose che sorgono come un lampo in modo pertinente e significativo.

Con l’esperienza e il controllo, il silenzio aiuta a limitare la mente all’argomento in questione e l’interferenza di idee irrilevanti diminuisce in modo progressivo. Così come il corpo fisico (chimico, dinamico, meccanico) acquisisce gradualmente, grazie all’esperienza: resistenza, sollievo e competenza, tanto quanto la capacità di dissolvere il flusso di pensieri, che sono distruttivi. Essere silenziosi è ben lungi dall’essere pesanti. Al contrario, tale silenzio è piacevole, equivale a tranquillità. Dal momento che questo silenzio è benefico, possiamo dire che il “silenzio è d’oro” in un modo che è ben più del semplice modo di dire.

Written by

Valerio Bellone

Valerio Bellone è un ricercatore e praticante di lunga data nel campo del Taichi Chuan, del Qi Gong e della Meditazione. È autore del primo e unico saggio in italiano dedicato ai tre Classici del Taijiquan, un’opera fondamentale per gli appassionati della disciplina.
Il suo percorso ha inizio nel wushu moderno, per poi approdare alla tradizione autentica del Taijiquan. Ha studiato lo stile di Cheng Man Ching e successivamente l'originale stile Yang della famiglia, approfondendo gli aspetti teorici e pratici di questa antica arte.
Oggi insegna regolarmente Taichi, Qi Gong e Meditazione a Palermo e divulga con passione questi argomenti attraverso articoli e pubblicazioni specialistiche.
In passato è stato un fotografo di viaggio, raccontando il mondo attraverso il suo obiettivo. Scopri di più sul suo lavoro fotografico visitando il sito valeriobellone.com.