Quando si inizia a dare per scontato l’essere vivi si corre il rischio di dimenticare quali sono le cose davvero importanti nella vita. Quindi si inizia a domandarsi come si può vivere felici…
L’essere presenti, l’atto del respirare, aprire gli occhi al mattino e poter interagire con la vita, sono tutte cose al quale giornalmente non diamo la giusta importanza, ma se ci si pensa almeno per un attimo, si sono dovute allineare miliardi di variabili cosmiche per consentirci di apparire in questo piccolo pianeta che oggi chiamiamo Terra.
Per far accadere il miracolo dell’esistenza nostra e altrui, si sono dovuti incastrare talmente tanti eventi da rendere il presente qualcosa di veramente unico, un regalo talmente inspiegabile che a un certo punto della storia umana abbiamo iniziato a pensare che fosse stato donato da una o più entità superiori. Queste le abbiamo chiamate divinità, dandogli diversi nomi. Ma, paradossalmente, in difesa dei nomi che abbiamo dato alle presunte entità divine, ci siamo tolti la vita a vicenda. Come se il nome o la spiegazione che diamo alla vita fosse più importante della vita stessa.
Dimenticando il miracolo cosmico del quale facciamo parte e declassando la possibilità di vivere come un qualcosa di ovvio e scontato, abbiamo iniziato a offendere tutto quello che la vita stessa rappresenta, sino a sentirci infine smarriti. Così abbiamo iniziato a divagare verso estremi filosofici che talvolta hanno poco a che fare con la vita e che sono vicini alla disperazione, nelle loro posizioni estremiste.
In base alle proprie condizioni esistenziali, la vita potrebbe non sembrare un dono e guardando la dimensione di vita degli abitanti di alcuni luoghi del mondo tutto si potrebbe dire, meno il fatto che costoro siano fortunati. Eppure, bisogna ammettere che siamo noi umani, come singoli individui, ma sopratutto come gruppo, che tendiamo a polarizzare verso degli eccessi che portano la nostra e altrui esistenza a condizioni desolate e tragiche.
La vita in sé è un dono neutrale, non polarizzato. Ma quando ne perdiamo il suo senso, iniziamo ad allontanarci dall’idea di gratitudine e amore. È a questo punto che emergono gli attaccamenti ai desideri, ai falsi valori o ai sentimenti come l’avidità, l’odio, l’invidia, la vendetta e tutto quel che va in direzione del denaro, della morte, del dolore, della sofferenza.
Sembra che noi umani ciclicamente abbiamo il bisogno di soffrire e di fare soffrire gli altri per ricordarci il miracolo della vita e della sua semplice, quanto complessa, bellezza. Una bellezza certamente non priva di dolore anche quando la vita viene rispettata. Non a caso la natura che ci ha generato talvolta l’abbiamo definita malvagia, perché non bada attenzione ai nostri sogni o alle nostre speranze e spesso si abbatte su di noi con una sorta di cinismo, attraverso malattie o catastrofi naturali improvvise. Ma anche in questo caso forse bisognerebbe spostare il punto di vista da quello auto-centrato ad uno più connesso con la natura di tutte le cose, che emerge prendendo coscienza della vera-mente.
Se vivessimo consapevoli di essere, non il mente-corpo tanto in voga ai giorni nostri, che in ogni caso ben pochi coltivano – entità presenti, ovvero coloro che non conoscono il tempo lineare, inizieremmo nuovamente ad apprezzare la base, ovvero esistere qui ed ora. Quando si riesce in questo viene naturale iniziare a rispettare anche il qui e ora altrui, senza bisogno di grandi pensieri filosofici, intellettuali, morali ed etici di supporto.
Iniziare a essere consapevoli di quello che siamo, ovvero entità prive del tempo, eterne, è una illuminazione “semplice” e potente. Un ritorno alla consapevolezza animale senza bisogno di rinunciare a tutto il processo evolutivo sano che ci ha allontanato dalla nostra primaria natura animale.
Sia ben inteso, non siamo eterni in senso di linea temporale. Sulla linea temporale ogni cosa dell’universo sembra andare in avanti per cicli di trasformazione ed è quello che la nostra mente dell’epoca tecnologica riesce a comprendere più facilmente. Eppure bisogna provare a comprendere qualcosa di diverso.
- Per iniziare si deve capire che siamo eterni nel senso che il nostro sé (o vera-mente) non è in grado di vivere contemporaneamente due eventi. Solo la nostra mente (illusoria) può farlo attraverso l’immaginazione e il ricordo, ma si tratta di un’illusione. Quando proiettiamo le immagini di un film su uno schermo, le immagini possono cambiare ma la sostanza dello schermo, il nostro sé che le riceve, rimane immutato e presente. Per capirlo, poniti questa domanda: puoi vivere contemporaneamente le sensazioni scaturite dal fare colazione oggi e farla domani? La risposta ovvia è “no”. Al più, puoi fare quello che fa normalmente la mente illusoria, ovvero ricordare la colazione di stamane e immaginare come saranno le sensazioni della colazione di domani, sulla base dei ricordi già acquisiti. Tutto ciò lo fa la mente illusoria, non la tua essenza, non la tua vera-mente, il tuo sé.
A furia di vivere nella mente-illusoria si dimentica di vivere come entità percettive e neutrali in ascolto di ciò che avviene nell’universo che viviamo ora. Se ad esempio ora ti domando di provare a percepire con la tua pelle la temperatura attuale dell’ambiente introno a te, la tua risposta naturale sarà quella di metterti in ascolto, ovvero una pausa dalla tua mente che tornerà a farti essere la vera-mente, tramite l’ascolto della pelle. - Siamo eterni anche su un altro piano più elevato. Il nulla non esiste, lo dice anche la scienza moderna. Dato che il nulla non esiste, come potresti mai scomparire del tutto quando muori? Se ci pensi un attimo, al livello più piccolo siamo una miscela subatomica momentanea che, dalla nascita sino alla morte, non fa altro che trasformare di continuo la nostra massa. Ma dato che il nulla non esiste cosa rimane di noi dopo la morte? Cosa avviene quando la massa visibile torna a ridursi sino a scomparire? Cosa rimane della nostra miscela subatomica? Rimane di noi solo quell’essenza che è sempre stata presente, sin dalla nascita, ma che è stata coperta durante la vita dalla mente-illusoria.
Quanto alla miscela subatomica della quale è fatto il nostro corpo materiale, dopo la morte questa si disgrega tornando in circolo, ovvero aggregandosi con altro per formare altro. Infatti una delle altre illusioni è la nostra individualità sganciata da tutto il resto. Mentre la realtà è che siamo parte di un tutto dal quale non siamo svincolabili se non a livello illusorio.
Questa essenza, non ha quindi a che fare con la mente illusoria, fatta di ricordi e desideri, sebbene anche di questi, vita dopo vita, rimane uno strascico più o meno forte personale e collettivo.
Quando ci ricordiamo che siamo prima di tutto la nostra vera-mente, il sé, si può cercare di tornare a vivere, quanto più possibile, in ogni singolo momento presente, che può essere considerato eterno. Ovvero un eterno presente che è diverso dalla mente illusoria che costantemente alterna l’attività del pensare tra passato e futuro dimenticando di esistere qui e ora, connessi con il tutto.
Quando si torna al sé, si torna grati del dono della vita, perché vivendo nel costante “ora”, ogni momento diviene di per sé un miracolo. Ma quando si vive costantemente nel mente-illusoria, identificando sé stessi solo in quello, ogni momento può facilmente divenire utile a piangere per ciò che sarebbe potuto essere e per ciò che vorremmo sia il domani. Oppure, come accade ai giorni nostri, si può finire nel turbinio di una linea temporale nella quale bisogna fare costantemente cose, quante più cose possibili, come se una vita piena corrispondesse soltanto a svolgere attività corporee, mentali, sociali. In verità questo produce solo ed esclusivamente disperazione e sofferenza stagnante, o momentanei stati di serenità, figli di una mete che illude sé stessa. Una mente che ci fa giacere sotto una cortina di fumo creata dall’ego che vuole mantenere il proprio dominio.
Prendendo atto che la nostra vera essenza non è la mente-illusoria, diveniamo capaci di percepire, anche con i nostri sensi di base, solo il momento presente, apprezzando quindi l’essere presenza consapevole. Questa presenza consapevole ci porta ad apprezzare le cose più semplici e importanti della vita. Come per esempio l’essere qui e ora, vivi, capaci di intendere, di amare e di essere amati, di rispettare gli altri che, come noi, sono creature, magari disperate, in cerca del loro senso e del loro posto, o creature che hanno completamente perso l’orientamento nel difficile labirinto di complessità che le nostre società hanno costruito, allontanandoci, sempre più, dal senso della vita che, come appena letto, è la presenza consapevole del qui e ora con tutto quel che ne deriva di consapevolezze.
Più ci allontaniamo dal senso della vita eterna del quale ho parlato sin qui, più, non a caso, andiamo in cerca di una longevità fisica sulla scala temporale. Dimenticando quindi che è meglio vivere 24 ore nel qui e ora costante che non 240 anni completamente persi, sofferenti e sganciati da quel che siamo. Alcune farfalle sappiamo che vivono solo 24 ore. Di queste creature proviamo pena nella convinzione che esse hanno poco tempo a disposizione per godere della vita. Ma forse quel che cerchiamo di evitare è la comprensione legata al fatto che quelle 24 ore da farfalla sono vissute così intensamente nel qui e ora da essere un’eternità.
Preso atto che quindi il tempo e relativo ed è sfuggente soltanto quando rimaniamo persi e inconsapevoli nella nostra mente-illusoria, il primo e più importante sforzo per fare un passo verso ciò che è importante, è di entrare in contatto con quel che siamo. Noi non siamo i nostri pensieri o, quanto meno, non siamo solo quello. Siamo qualcosa di più, che è oltre quello.
Personalmente sono giunto a determinate consapevolezze, nel corso del tempo, attraverso la meditazione e il Taijiquan di supporto al corpo attraverso il lavoro sugli 8 canali psichici. Questo modello di pratica quotidiana, fatta di meditazione e Taijiquan, porta inevitabilmente a una consapevolezza: è la nostra mente (nel senso di presenza consapevole) a essere la vera costante. Essere una cosa sola con l’universo.
Tale consapevolezza non la si acquisisce perchè qualcuno ci risveglia attraverso delle parole o uno scritto. Le parole, come nel caso di questo articolo, sono importanti ma servono solo a indicare la Via, che per essere realmente compresa deve essere percorsa. Questo perché le cose più elevate non possono fare parte di una dimensione che è solo discorsiva. Infatti, per quanto la dimensione intellettuale possa essere di alto livello è comunque estremamente limitata e limitante quando rimane fine a sé stessa. Ti potrebbe interessare in tal senso l’articolo di approfondimento: Taichi e meditazione, differenze tra mappa e territorio.
Esistono diversi tipi di meditazione per fini diversi. Alcuni tipi di meditazione servono a fortificare l’energia vitale (quella prenatale) del corpo, così da allungarsi quanto più possibile la vita terrena così da avere più tempo per giungere all’illuminazione. Altri tipi di meditazione, i 25 sistemi, servono a giungere appunto all’illuminazione. Di questi 25 metodi, un tempo tutti validi, ai giorni nostri solo una tipologia è altamente funzionale allo scopo.
La mente che deve essere “risvegliata”, “scoperta” è fatta a immagine e somiglianza della natura divina di tutte le cose. Una mente, che in questo scritto ho chiamato “vera-mente”, “sé” o “presenza consapevole”, che viene prima della nostra mente illusoria sin dalla nostra nascita e che rimarrà dopo la morte e che è in sintonia con ogni cosa.
I problemi individuali o come società cominciano ogni qual volta dimentichiamo il nostro sé iniziando a orbitare intorno alla mente del ieri e del domani che, prima o dopo, fa emergere paura e disperazione.
Quando si torna alla presenza consapevole, come siamo prima della nascita, si vede tutto quanto con più lucidità e viene compreso come ogni cosa è fatta secondo la volontà del cielo e della terra. Non nel senso che non si ha il libero arbitrio o che siamo vittime dei piani di un’entità a noi superiore, ma nel senso che il libero arbitrio, se è conseguenza del vivere nel sé, è in giusta sintonia con tutte le cose. Questo non rende eterni sulla linea temporale e non ci impedisce di incontrare la sofferenza, ma allo stesso tempo fa comprendere quanto poco importante sia l’idea di immortalità temporale.
La vera mente ci porta a essere grati e felici per le cose più semplici, che non sono in quanto tali banali, ovvero l’affetto di chi ci circonda, l’importanza e la bellezza di far parte del disegno della vita nel rispetto degli altri esseri viventi, nessuno escluso. Così come ci fa accettare che nel complesso equilibrio dell’esistenza, la vita mangia altra vita. Ma mai in modo avido, come ci siamo abituati, ma solo in modo legittimo, rispettoso, equilibrato e senza eccessi. Sempre contribuendo al riequilibrio di quella natura della quale ci nutriamo. Dare per avere.
Nutrirsi della vita è lecito, abusare non fa parte dell’equilibrio dell’universo e, difatti, per ogni abuso, si paga sempre una conseguenza, tanto come individui quanto come società. Potresti anche leggere l’articolo: Dharma e Karma.