vera storia di yang luchan

Negli anni ’20 del 1900 Gong Beiyu (宫白羽) scrisse un romanzo avventuroso che divenne famoso e che aveva come soggetto l’arte marziale. Questo romanzo si intitolava Taiji Yang Shenming Touquan (太极杨舍命偷拳), che si potrebbe tradurre in italiano: “Come Yang rischiò la vita per rubare l’arte del Taiji”.

Nel romanzo viene raccontato che Yang Luchan era un giovane artista marziale che voleva apprendere abilità di alto livello e sapendo della reputazione della quale godeva Chen Changxing, andò a fargli visita presso il villaggio Chen. Lì apprese che Chen non voleva insegnare a persone che non fossero membri della famiglia. A quel punto Yang lasciò il villaggio e si recò in altri luoghi al fine di proseguire con il suo addestramento. Yang rimase però deluso dai maestri che incontrò e quindi decise di tornare al villaggio Chen. Sapendo che Chen Changxing non gli avrebbe insegnato la sua arte, finse di essere uno stupido mendicante al fine di farsi assumere come servitore presso la casa di Chen.
Yang origliava giornalmente gli insegnamenti che Chen impartiva ai suoi studenti mentre si allenavano e di nascosto si esercitava a sua volta in modo molto diligente. Un giorno Chen lo scoprì e poiché rubare l’abilità di altre persone in questo modo era al tempo un grande tabù nella società delle arti marziali, molti dissero che il giovane Yang doveva morire. Ma quando Yang spiegò il motivo del suo agire, dimostrando al contempo le abilità che aveva appreso di nascosto, Chen si commosse. Impressionato dalla tenacia del giovane Yang e realizzando che era un genio, dato che aveva appreso con un approccio non ortodosso, Chen Changxing decise di accettare Yang come suo discepolo, invece di punirlo. Yang così rimase nel villaggio per circa 18 anni e poi si recò a Pechino per stabilire la sua scuola e per diffondere il Taijiquan…

Questa storia, sopra sintetizzata e in gran parte immagginaria – per la quale l’autore mise insieme diverse versioni dei racconti che aveva appreso – divenne molto famosa e popolare. Molte persone ancora oggi credono che la narrazione rifletta la storia vera di Yang Luchan. Da questo racconto inoltre ne sono derivati molti altri nel corso del tempo, alcuni utili a screditare Yang Luchan e altri funzionali a renderlo definitivamente un personaggio mitico.

In ogni caso, attraverso il racconto che ha generato convinzioni storiche sulla base del niente, viene dimostrato come l’ignoranza possa sfociare in credenze che diventano consolidate e diffuse nell’arco del tempo. Non è un caso che in occidente, ancora oggi, nella maggior parte delle scuole di Taijiquan girano diverse versioni di questa storia, che vengono spacciate come resoconto storico. Ad esempio è abbastanza nota la versione del racconto nel quale si dice che Yang semplificò il Taijiquan che aveva imparato al villaggio Chen al fine di farlo capire a più gente possibile o un’altra versione nella quale Yang Luchan viene descritto come uno scarso praticante dello stile Chen che non aveva ben compreso quello che aveva imparato. Tutto falso, non esiste un solo resoconto storico in merito, ma solo faziose versioni screditanti figlie di un’età contemporanea nella quale i vari stili sono in guerra per accaparrarsi studenti.

Ciò detto, perché mai uno scrittore ebbe negli anni ’20 un tale interesse per Yang Luchan sino al punto da dedicargli un romanzo. Per capirlo bisogna comprendere un fatto storico, piuttosto che affidarsi alle leggende metropolitane.

Prima dell’arrivo di Yang Luchan a Pechino il Taijiquan era di fatto un’arte sconosciuta e molto probabilmente ancora non aveva nemmeno il nome “Taijiquan”. Al tempo era ben chiaro a molti eruditi il principio filosofico del Taiji (yin-yang) derivato dall’Yijing e traslato in molti aspetti quotidiani della vita cinese. Eppure sino a quel momento nessuno era stato in grado di applicare tale principio in un’arte marziale usata in contesti realmente combattivi e pubblici. Inoltre bisogna specificare che in quel periodo a Pechino i duelli finivano spesso con la morte. Non furono pochi i Maestri che sfidarono Yang, eppure mai nessuno ebbe la meglio. E questo è un resoconto storico, non una leggenda. Questo fatto chiaramente portò fama a Yang e di riflesso fece conoscere nell’arco di poche decine di anni l’arte oggi nota come Taijiquan in tutta la Cina. Un’arte marziale interna che ancora oggi è tra le più conosciute al mondo e che se non fosse stato per le prime tre generazioni della famiglia Yang e per i Classici del Taijiquan tramandati principalmente attraverso i lignaggi Wu Hao e Wu, probabilmente sarebbe stata dimenticata, alla stregua di tante altre pratiche interne o stili marziali cinesi che oggi vengono spacciati per antichi, con tanto di finti alberi genealogici utili a dare lustro e credibilità – un agire non nuovo in Cina (ma anche in altri luoghi ), quello di accreditare le pratiche “interne” a una presunta antichità – quando in realtà, per come le conosciamo oggi, sono tutte figlie degli ultimi due/tre secoli.

Ad ogni modo, qual è la vera storia di Yang Luchan e dell’inizio del Taijiquan nella famiglia che ha reso celebre quest’arte prima in Cina e poi nel mondo?
Sarebbe interessante saperlo con certezza ma ad oggi non esiste una storia che sia inconfutabile.
Tutte le pratiche profonde come il vero Taijiquan, tramandate sino ai giorni nostri, rivelano una unica indiscutibile verità, ovvero che sono figlie del paziente lavoro di codificazione di conoscenze tramandate nel corso del tempo attraverso generazioni che hanno contribuito ad affinarle e perfezionarle.
Quanto a Yang Luchan e all’origine del Taijiquan ci sono molti dubbi e pochi resoconti storici attendibili, sebbene di teorie ne esistono centinaia e tutte pretendono di esser vere – tra queste anche la finta storia di Tang Hao (唐豪), mai dimostrata, nella quale si sotiene che il Taijiquan sia stato inventato nel villaggio Chen. In ogni caso sulla vita di Yang ci sono diverse teorie ma poche sono degne di nota dal punto di vista della credibilità storica.

© Valerio Bellone

 

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Valerio Bellone

Valerio Bellone studia e fa continua ricerca sul Taichi Chuan, il Qi Gong e la Meditazione. È autore del primo e unico saggio mai scritto in italiano sui primi tre Classici del Taijiquan cinesi.
Il suo percorso inizia con il wushu moderno e successivamente si sposta alla fonte della tradizione del Taiqjiuan studiando inizialmente lo stile di Cheng Man Ching e successivamente lo stile madre originale della famiglia Yang.
Tiene regolarmente corsi di Taichi, Qi Gong e Meditazione nella città di Palermo e scrive articoli di divulgazione su queste materie.