nei gong taiji yang

PREMESSA

Mi accade di ricevere domande sulla pratica del Taiji e del Qi Gong tramite email. Ringrazio tutti quelli che mi pongono domande, perchè mi danno modo di esternare riflessioni personali che potrebbero essere utili a ogni praticante. Trattasi di riflessioni figlie della mia esperienza che non hanno la pretesa di essere in alcun modo verità assolute.
Anche questo articolo di approfondimento, scaturito da una domanda che ho ricevuto, è destinato ai miei studenti e si basa sulla mia esperienza e miei studi.

Nascita e sviluppo della terminologia e della pratica nell’ambito di quello che oggi viene chiamato Nei Gong

Nei tempi antichi molti alchimisti lavorarono duramente per creare una formula utile alla salute e alla longevità. Questo processo era chiamato liandan (炼丹). Lian significa “raffinare” o fabbricare qualcosa (di solito con l’aiuto del fuoco) e con dan si intende “medicina che può portare longevità e salute”. La maggior parte delle volte gli alchimisti impiegavano metalli pesanti in questo tipo di processo e ovviamente non riuscirono mai a creare pillole magiche per la lunga vita. In ogni caso l’esperienza in questo campo aiutò a sviluppare una comprensione rudimentale della chimica…

Dopo aver speso molto tempo in questo tipo di studi, i ricercatori si resero conto che la creazione della “pillola della lunga vita” era impossibile, quindi venne sviluppata la pratica neidangong (内丹功), anche detto neigong (内功, talvolta traslitterato nei kung, neigung o nae gong) e daogong (道功).

Da questo momento in poi venne detto che una buona salute e una lunga vita non dipendeva da una medicina speciale esterna al corpo, ma piuttosto da una pratica interna – pratica del qi (energia vitale). Questo nuovo metodo venne chiamato lian neidan (炼内丹) – dove nei significa “essere interno”. Il Qigong è il fondamento di questa pratica e per questo motivo talvolta il neigong viene chiamato qigong (gong significa “lavoro” o “pratica”). A questo punto il “vecchio metodo” del liandan divenne noto come lian waidan (炼外丹), dove wai significa “esterno”.

Poiché la maggior parte delle persone che eseguivano queste pratiche di neigong erano maestri taoisti, il nuovo metodo lian neidan presto venne chiamato Daogong (pratica del Dao, traslitterato anche tao).

Siccome gli obiettivi di salute, longevità e illuminazione sono rimasti gli stessi nel corso del tempo la pratica neidan ha mantenuto la maggior parte della terminologia nella pratica waidan ma modificandone spesso vari significati. Quindi, per esempio, ad oggi dan non è più solo inteso come una “medicina speciale”, ma si riferisce al risultato della pratica del qi.

Il Taijiquan incorpora il qigong durante la pratica e in codesto contesto prende il nome di donggong (动功, pratica/lavoro in movimento del qigong), un tipo di pratica del qi eseguita utilizzando movimenti fisici. Il Donggong è diverso dalla maggior parte delle altre pratiche di qigong chiamate jinggong (静功) o “lavoro immobile” del qigong, durante la quale si mantengono posture statiche o eseguendo movimenti molto semplici.

La pratica di quello che oggi viene definito neigong è normalmente associata al cosiddetto “stile morbido”, “interno” o neijia (內 家, arti marziali cinesi interne), in contrasto con la categoria nota come waigong (外功, “abilità esterna”) che da molti viene associata allo shaolinquan (o shaolin), anche chiamato “stile duro”, “esterno” o wàijiā (外家).

Comunque sia ad oggi a mio parere la cosa più corretta è parlare di qigong, comprendendo che nel corso del tempo ne sono stati sviluppati molti per fini diversi. Le varie tipologie esistenti sfruttano metodi e approcci diversi. Ad esempio, come appena visto nell’ambito del Taijiquan, se volessimo essere precisi dovremmo parlare di donggong. Altri esempi ben noti di neigong o qigong marziali si trovano in alcune scuole tradizionali Baguazhang, Xingyiquan e Liuhebafa. Mentre un esempio di neigong non marziale è la disciplina nota come Daoyin.

Il Daoyin (pratica interna del Dao), chiamato anche neigong daoista, sono una serie di esercizi corpo-mente (diviso in yin: posizioni sdraiate/sedute; e yang: posizioni in piedi e in movimento) praticati dai taoisti (o dai coltivatori del Tao) utili a lavorare su jing (l’essenza) così da dirigere e perfezionare il qi, l’energia interna del corpo-mente secondo la medicina tradizionale cinese.
L’obiettivo principale di daoyin è quello di creare flessibilità della mente, creando così armonia tra ambiente interno ed esterno, che rilassa, riempie e ringiovanisce il corpo, sviluppando nei suoi praticanti uno spirito vitale e sano.

 

Se pratico Taiji è necessario imparare il Nei Gong?

La risposta è semplice: no. Basta aver letto l’introduzione per capire perchè non sia necessario.
Purtroppo in occidente – e a onor del vero anche in Cina – oggi si fa molta confusione per colpa di una terminologia spesso tramandata in modo frammentario o completamente ignorante. Questo chiaramente fa nascere pratiche finte o mancanti di parte della conoscenza e dei principi cardine di un corretto studio che qua non tratterò.

Detto questo, troppo spesso si “dimentica” che la pratica della forma nel Taiji (vedi approfondimento) può essere di fatto definito una “forma di qigong” (donggong) molto potente. Questo perchè la cosiddetta “forma del Taiji” non è altro che un telaio nel quale poter lavorare di volta in volta, a livelli sempre più profondi, il corpo-mente, ammesso che si conosca su cosa bisogna lavorare e come. Viceversa rimane un involucro estetico vuoto e colmo di illusioni per chi pratica.

Il noto Maestro dello stile Yang, Yang Chengfu, invitava spesso i suoi allievi più giovani a non illudersi di ottenere il potere ultimo del Taiji praticando esclusivamente il tuishou con il quale si acquisiscono solo le abilità base e alcuni neijin utili alla marzialità (approfondisci qui l’argomento sui jin del Taiqjiaun).

Parentesi filosofica

Se si studia Taiji con la voglia e la speranza di diventare lottatori più abili rispetto a praticanti di altri stili, si è fuori strada rispetto alla pratica del Taiji. Dato che il praticante serio di Taijiquan sa bene che per i primi anni di pratica sarà destinato a essere sconfitto da un qualsiasi altro praticante di una qualsiasi arte marziale esterna. Inoltre il Taiji non dovrebbe essere una pratica utile a nutritre l’ego, attraverso esercizi che, grazie all’acquisizione di abilità (un tempo chiamate poteri) rischiano di squilibrare il già fragile io egocentrico e narcisista di molte persone.

Non è raro che molti praticanti di arti marziali si illudano di essersi fortificati in conseguenza del fatto che hanno reso resistente il proprio corpo fisico esterno, quando in realtà emerge spesso che al contempo hanno sgretolato internamente psiche ed emotività, oltre che indebolito il cuore con continue scariche di adrenalina (leggi qui). Ovviamente esiste anche il caso opposto, ovvero l’abbandono del corpo e la coltivazione esclusiva della psiche, un qualcosa che porta rapidamente ad altri tipi di squilibri nocivi.

Per questo motivo l’essere in equilibrio, facendo un corretto lavoro con il Taiji, significa nutrire senza eccessi corpo-mente-spirito.
Se quello che si sta quindi ricercando è l’equilibrio – ovvero quello che si invita a fare in ogni pratica taoista (così come buddhista) – allora il Taiji è una pratica perfetta come compagna di vita.

Essere sulla via del Tao non significa saper stare su un gamba fisicamente per poi zoppicare emotivamente e psicologicamente.
V.B.

I Dan Tian nel Taijiquan sappiamo essere 3 (上丹田, Shang Dantian – 中丹田, Zhong Dantian e 下丹田, Xia Dantian) e questi devono essere “allineati”, in equilibrio. Viceversa non c’è Taiji, nemmeno nel più abile “spintonatore”, munito dello Xia Dantian più colmo di qi della storia.

Troppo spesso l’equilibrio del Taiji viene confuso esclusivamente con l’equilibrio fisico, con le abilità marziali/fisiche.
Non è assolutamente vero che sviluppare abilità ed equilibri fisici, centratura nello Xa Dantian, determini necessariamente un equilibrio psichico ed emotivo. Chi lo crede dimora ancora nella dimensione illusoria dell’ego. L’io che inganna sé stesso; una costante della storia umana. Piuttosto è vero il contrario:

Oggi puoi sentirti precario a stare su una gamba, magari domani lo sarai meno. Ma se il tuo equilibrio fisico, indipendentemente dal livello acquisito, è allineato con tutto il resto, allora le tue gambe ti porteranno lontano. Stai dimorando nel Taiji.
V.B

Se non fosse così, come potrebbe mai dimorare nell’equilibrio una persona senza gambe?
Sappiamo tutti, almeno con l’intuito, che il nostro equilibrio non risiede nella forza radicata delle nostre gambe, ma in ben altro.

Il corpo è la parte più piccola del tutto. Il corpo non va abbandonato e non bisogna certo trascurarlo credendo che sia inutile. Al contempo non bisogna nemmeno dargli più importanza di quanto non ne abbia in realtà. Non bisogna generare eccessivi attaccamenti.
Per questo “equilibrio” è la parola chiave nel Taiji. Partiamo dal corpo, perchè è più semplice come lavoro iniziale, non perchè l’abilità corporea è il nostro fine. Se il fine fosse esclusivamente il rafforzamento corporeo sarebbe come decidere di chiudersi dentro una gabbia. I bambini devono fare il giusto lavoro elastico e propedeutico corporeo. Gli adulti fanno un corretto lavoro su altri livelli.
Non facendo un corretto lavoro di equilibrio tra corpo-mente-spirito, spesso la parte infantile del proprio io, attaccata per lo più ai bassi istinti e al corpo fisico, può generare negli adulti personalità di tipo narcisista e sentimenti di vanità e presunzione, fino a degenerare in atteggiamenti distruttivi e autodistruttivi.
Se al contrario si trascura il corpo, dimorando ad esempio nella sedentarietà, questo può causare negli adulti svariate patologie sia fisiche che psichiche. Dagli squilibri alimentari che portano ad anoressia, bulimia e obesità con tutte le conseguenze del caso a quelli correlati di depressione, ansia, mancanza di autostima, ecc.

In ogni caso, nonostante sia importante prendersi cura del proprio corpo, bisogna avere consapevolezza matura che: non esiste un corpo immortale, non esiste un corpo che non si ammala o che non si disfa con il tempo. L’immortalità difatti non risiede nel mortale corpo fisico.

Detto questo, ribadisco che imparare a praticare correttamente una forma del Taiji con tanta curiosità, voglia di ricerca e ricevendo buoni insegnamenti, significa, di fatto, impararequello che ritengo il più potente dei Qi Gong mai inventati nella storia cinese.

Nei Gong / Qi Gong nella arti marziali

In merito ai Qi Gong utili ad acquisire potere prettamente corporeo per fini marziali, nel corso del tempo ne sono stati creati e sviluppati molti in discipline marziali cinesi citate (o non menzionate) in questo articolo. All’interno della storia del Taijiquan sono stati anche creati Qi Gong e lavori di condizionamento corporeo atti a fare lavori specifici e localizzati. Personalmente ho praticato e pratico ancora alcuni Jinggong (qigong statici) diversi dal taolu (forma) ma continuo a sostenere, ripetendomi, che la forma è di fatto il migliore dei “qi gong” avanzati che abbia mai sperimentato e praticato.
In ogni caso invito tutti a sperimentare anche altre tipologie di Qigong che potrebbero essere propedeutici alla forma e al lavoro di ricerca del Taijiquan. Infatti, sebbene la forma sia a mio avviso il “qigong” più potente mai creato, bisogna essere consci che spesso la forma viene insegnata solo a livello esterno con la conseguenza che no si riesca mai ad entrare nella modalità profonda di questa pratica estremamente complessa. Motivo per il quale consiglio di imparare Qi Gong / Nei Gong, statici e dinamici, più semplici che possano divenire una base sulla quale poi lavorare anche nella forma. Ovviamente rimane il fatto che alcuni qigong sono utili a fare lavori specifici così da concentrarsi solo su alcuni aspetti interni/esterni.

Written by

Valerio Bellone

Valerio Bellone è un ricercatore e praticante di lunga data nel campo del Taichi Chuan, del Qi Gong e della Meditazione. È autore del primo e unico saggio in italiano dedicato ai tre Classici del Taijiquan, un’opera fondamentale per gli appassionati della disciplina.
Il suo percorso ha inizio nel wushu moderno, per poi approdare alla tradizione autentica del Taijiquan. Ha studiato lo stile di Cheng Man Ching e successivamente l'originale stile Yang della famiglia, approfondendo gli aspetti teorici e pratici di questa antica arte.
Oggi insegna regolarmente Taichi, Qi Gong e Meditazione a Palermo e divulga con passione questi argomenti attraverso articoli e pubblicazioni specialistiche.
In passato è stato un fotografo di viaggio, raccontando il mondo attraverso il suo obiettivo. Scopri di più sul suo lavoro fotografico visitando il sito valeriobellone.com.